Varie, 11 agosto 2004
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Wyatt Robert
• (Robert Ellidge) Bristol (Gran Bretagna) 28 gennaio 1945. Musicista • «Da più di 30 anni, simboleggiando il pop d’avanguardia, è il solitario, convinto antagonista di qualunque sistema organizzato. L’unica organizzazione che tollera è quella (sentimentale) delle sue canzoni sbilenche, emotive, politiche, inafferrabili, che non sono canzoni come tutte le altre, con un inizio, un centro, una fine, ma suite scomode, mini-sinfonie in onore di un mondo che non c’è più perché qualcuno l’ha spazzato via e invece avremmo dovuto proteggerlo con ogni mezzo, perché è in quel mondo che si fermano le guerre, si odia il razzismo, sì da una casa e una patria a chi non ce l’ha (ne è testimonianza la sua Dondestan): è lì che si parla al cuore, che si canta come Wyatt canta sin dai tempi di Moon In June, quando era nei Soft Machine, quando tutta la grande macchina del rock (dai Gong ai Pink Floyd, passando per Frank Zappa) si schierava contro, non importa contro cosa. [...] Le canzoni di Wyatt, le ”canzoni zuppa”, spargono profumi di giustizia vera. Umanità spontanea tradotta in accordi. O sono sensazioni brucianti, o talmente lente da sparire dietro un ritornello appena più insistito degli altri, o coccolate dalla sua voce roca, lontana, faticata, che però si riconoscerebbe in mezzo a mille. [...] Nacque batterista. Sperimentò linguaggi ultra-moderni, mettendo il jazz in condizione di diventare rock ”progressive”. Poi il 1 giugno del 1973, alla festa di un’eccentrica signora della Londra aristocratica, certa Lady June, scambiò una finestra per una porta e volò dal quarto piano. Da quel momento si è fermato su una sedia a rotelle - che è diventata il suo palco - ma la sua musica ha continuato a correre. Anzi ha accelerato. Ha cantato Elvis Costello, ma anche gli Chic. [...] Il suo rock è soffiato, vetro fragile [...]» (Enrico Sisti, ”la Repubblica” 11/8/2004).