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 2004  agosto 10 Martedì calendario

FIORANI Gianpiero

FIORANI Gianpiero Codogno (Lodi) 12 settembre 1959. Banchiere. Ex Amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi. Arrestato il 13 dicembre 2005, fu poi condannato in primo grado e in appello a tre anni e sei mesi per falso in bilancio (le perdite per la banca furono quantificate in 200 milioni di euro, un abbellimento dei conti finalizzato, secondo l’accusa, all’espansione della banca). Patteggiata una pena di tre anni e tre mesi per appropriazione indebita per il fallito tentativo di scalata alla Antonveneta, per la stessa vicenda la Seconda sezione penale di Milano lo condannò a un anno e 8 mesi (28 maggio 2011, aggiotaggio). Condannato a tre anni e 8 mesi il 20 dicembre 2011 per il crac Parmatour (secondo i giudici garantì un prestito di 25 milioni alla Parmatour pur essendo a conoscenza dello stato disastroso del suo bilancio) • «[...] diploma in ragioneria e una carriera tutta di corsa nel mondo bancario dopo un primo amore per il giornalismo [...] Con uno stile diplomatico e assai attento alla politica, ma decisamente molto meno felpato di tanti suoi colleghi, in meno di sei anni ha rivoluzionato la Popolare di Lodi di cui è amministratore delegato trasformandola da solida ma un po’ sonnacchiosa banca della Bassa a una sorta di PacMan del credito. Come nel vecchio videogioco dove l’omino tondo divorava tutto ciò che trovava sulla sua strada, così la Popolare di Lodi in versione Fiorani ha inghiottito di tutto nel corso di un lustro e poco più. Nel ’99 prende l’Iccri, l’istituto centrale delle casse di risparmio, poi l’Efibanca e ancora nel 2000 la Popolare di Crema, le Casse di risparmio di Livorno, Lucca e Pisa, la cassa di Imola e quella di Pescare, la Popolare del Trentino, quella di Mantova e la Popolare di Bronte fino ad arrivare, in tempi più recenti, al Banco di Chiavari e alla Popolare di Cremona. Una campagna acquisti che crea anche qualche grana giudiziaria a Fiorani, specie per un esposto-denuncia relativo all’Opa sulla Popolare di Crema. Ma da quella vicenda esce benissimo, con l’archiviazione in sede penale e alla vittoria in sede civile, mentre è ancora sotto indagine - come presidente di Efibanca - per il crack della Hdc di Luigi Crespi. In cinque anni la Lodi passa da 300 sportelli a poco meno di mille, raccoglie attivi per 42 miliardi di euro, che la mettono al decimo posto nella classifica delle banche italiane, mentre gli indici di redditività restano non proprio esaltanti. Come ricorda anche il Wall Street Journal, i costi pesano il 51% sui ricavi, mentre la redditività del capitale è del 6,1% contro una media delle banche italiane dell’8%. Ma la strategia di PacMan in fondo è questa: mangiare per non essere mangiati. Come ha chiarito anche Fiorani, senza acquisizioni a catena “la nostra banca avrebbe fatto al fine delle tante banche popolari di fascia medio-bassa confluite all’interno di gruppi più grandi”. Una partita dove il “game over” non suona mai e dove anzi Fiorani si prepara [...] al colpo che farebbe volare il punteggio: un’aggregazione con Antonveneta che farebbe volare il combinato dei due istituti dalla parte bassa a quella mediana nella classifica dei primi dieci gruppi del credito. Ma attenzione, la partita di Fiorani non è una competizione solitaria, ma il gioco di uno dei principali attori del riassetto bancario guidato dal Governatore Antonio Fazio. Così quando c’è da saltare un turno, come nel caso della bresciana Bipop andata a Capitalia e non alla Lodi che pure aveva presentato un progetto, Fiorani non batte ciglio: “Noi ci atterremo, come sempre, alle indicazioni di chi ha a cuore l’interesse del sistema”. Con il Governatore della Banca d’Italia e con il mondo cattolico in generale, Fiorani ha del resto rapporti invidiabili, come strettissimi sono i suoi legami con finanzieri d’assalto: da Chicco Gnutti a Stefano Ricucci. Nel 2001 firma un accordo, il primo nel suo genere, per finanziare le iniziative culturali della Conferenza episcopale italiana, ma anche la costruzione di parrocchie. E quando l’anno successivo, nel febbraio 2002 il Forex, l’appuntamento annuale degli operatori finanziari approda proprio nella sede della Lodi disegnata da Renzo Piano, la passeggiata a tre con il governatore in mezzo e il presidente di Capitalia Cesare Geronzi e Fiorani ai suoi lati, spiega in un solo istante più di mille analisi. Non è un caso, del resto, che il nome di Fiorani, assieme a quelli di Geronzi, sia stato evocato [...] a Palazzo Chigi tra Fazio e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con un accenno lusinghiero anche alla giovane età del numero uno della Popolare di Lodi. [...] Fiorani è infatti un esponente di quella generazione di quarantenni che hanno ormai saldamente in mano le leve della finanza, anche se con molti di loro ha pochi tratti in comune: niente studi alla Bocconi o esperienze professionali alla McKinsey, nel curriculum del ragioniere diventato amministratore delegato, ma in compenso un presidente come Giovanni Benevento che gli lascia senza problemi la ribalta - e una struttura societaria favorevolissima come quella della banca popolare che, anche se non durerà ancora a lungo, gli ha permesso e gli permette tutt’ora, di giocare - come ha scritto il Giornale della banca - “con la difesa in catenaccio e il puntale in attacco”» (Francesco Manacorda, “La Stampa” 19/1/2005) • «E dire che Fiorani in banca non voleva proprio andare. Quando viaggiava in 127 e non in Lancia K, sognava la carta stampata. “Non volevo passare la mia vita a timbrare assegni” ricorda. Poi cedette alle insistenze di Carlo Cantamessi, professore all’Istituto per ragionieri e uomo della Popolare. Fiorani lavora sodo, 16 ore al giorno. A 20 anni è il più giovane direttore di filiale in Italia, colleziona clienti. Finché l’allora direttore della Lodi, Angelo Mazza, decide di insegnare al purosangue le regole della corsa e gli affida la gestione delle acquisizioni. Comincia nel 1992 con la Banca gallaratese, poi vengono la Rasini, la Mercantile e la Banca del sud. Scomparso Mazza, Fiorani accelera. Nel ’98 la Lodi acquista la Adamas di Lugano e Bazolino mette in scacco gli svizzeri: “Al momento dell’acquisto fece fotografare tutto, anche i quadri”. Ormai Fiorani è amministratore delegato; nel ’99 l’intuizione della banca federale. In agosto, quando tutti sono in vacanza, fa suo l’ex Istituto centrale delle casse di risparmio: la chiave per penetrare nel mondo delle fondazioni. In sei mesi rivoluziona tutto. Durante le feste di Natale compra la banca d’affari Efibanca, a gennaio la Cassa di Imola. [...] “Effetto spiazzamento, pensiero creativo” spiega Fiorani. “Insonnia” replicano gli invidiosi. La realtà è che l’uomo lavora per tre. È attorno alla holding Iccri-Bfe che costruisce il suo disegno di banca federale interregionale» (Antonella Bersani, “Panorama” 6/4/2000).