Varie, 10 agosto 2004
CAMPAGNA Alessandro
CAMPAGNA Alessandro Palermo 26 giugno 1963. Ex giocatore di pallanuoto. Adesso allenatore della nazionale, che nel 2011 ha guidato al titolo mondiale. Guidò la Grecia alle Olimpiadi del 2004 • «Da Barcellona ’92, fino a Fukuoka 2001, Campagna ha sempre respirato l’atmosfera azzurra: “Potrei scrivere un libro...”. Di sicuro il suo mentore, all’inizio, è stato Ratko Rudic, e Barcellona ’92 la madre di tutti i trionfi. “E da lì che si deve partire, se si vuole capire l’evoluzione recente della pallanuoto. Il suo Settebello, con me in acqua, non rivoluzionò certo il gioco della pallanuoto, ma di sicuro fu una delle nazionali più solide della storia, dal ciclo vincente più lungo”. Il Settebello della prima metà degli anni Novanta. “Combinammo qualcosa di bello, è vero”. Olimpiadi, Europei, Mondiali. Cosa non vinse quell’Italia, nel triennio 1992-94. Oggi non ci riesce più nessuno. “Realizzammo il Grande Slam della pallanuoto, e la chiave di volta fu l’Olimpiade: da lì nacque quel gruppo vincente, imbattibile per qualche anno”. Il ricordo di Barcellona è il miglior toccasana, per una vigilia olimpica. “E pensare che le cose, per Rudic, non erano certo cominciate nel modo migliore”. L’anno prima, il 1991, la Fin aveva sostituito Dennerlein con lo slavo. Uno choc, in frantumi l’italica tradizione. Il paradosso fu che l’esordio di Rudic fu da esonero. “E meno male che non erano in tanti a conoscere i segreti dello spogliatoio: con personalità forti, i litigi erano all’ordine del giorno. Gli spiegammo che eravamo disponibili a trascorrere anche dieci ore in piscina, ma era necessaria una certa libertà. Ci venne incontro. Comprese che il regime ’militare’ cui aveva abituato la sua Jugoslavia non poteva funzionare con noi”. Nascono anche così le grandi conquiste, con inizi malcerti. “Barcellona ’92 sembra un po’ la storia dell’Italia 1982 di Bearzot, o della Grecia dei recenti Europei: se penso che rischiammo l’uscita contro Cuba, già eliminata... a posteriori ho capito perché vincemmo: non avevamo un leader ma, in ogni partita, a turno, uno di noi si esaltò e fece la differenza”. A quel punto la salita era ormai finita: spazzammo l’ex Unione Sovietica con una mia ’quadrella’, un tiro all’incrocio dei pali, ed un rigore che io segnai, ma che nessuno voleva tirare”. “«Noi eravamo contenti e appagati, senza stress. Invece sugli spagnoli la pressione saliva ogni giorno”. Campagna rivede quei momenti come fosse ieri. I continui botta e risposta, il 7-7 alla fine dei tempi regolamentari, gli altri sei tempi. “E l’arbitraggio, negli ’overtime’? Una roba imbarazzante. meno male che Ferretti la buttò dentro a pochi secondi dalla fine”. Seguirono altri quattro supplementari, ed il ricordo degli appassionati andò alla finale mondiale del 1986, con l’interminabile Italia-Jugoslavia (otto tempi supplementari, Rudic sull’altra panchina) che finì in beffa. “Ma non questa volta: per noi ci fu l’happy end, con il mio assist a Gandolfi, il match winner, e la traversa di Estiarte all’ultimo secondo”. Quel pizzico di ’pepe’, quel po’ di fantasia italiana applicata al sistema slavo, fece la differenza. “Esatto: noi non abbiamo apportato rivoluzioni, solo dimostrato che per vincere bisogna essere uomini”. Un’altra analogia con le squadre di Bearzot e Rehhagel che, più che ugli schemi, puntarono sul gruppo. Invece, nel ’94, Rudic tentò un cambiamento radicale di gioco, licenziando i vecchi campioni. “Ma quella è un’altra storia”. Campagna ha poi seguito in panchina Rudic, ne è l’erede ed inteprete di quella pallanuoto» (Paolo Rossi, “la Repubblica” 10/8/2004).