4 agosto 2004
Tags : Massimiliano. Lelli
Lelli Massimiliano
• Nato a Manciano (Grosseto) il 2 febbraio 1967. Ciclista. Terzo dietro Chioccioli e Chappucci (con due vittorie di tappa) al Giro del 1991. «Sulla vetta del Monviso, il ciclismo scoprì un ragazzino maremmano che si chiamava Massimiliano Lelli e aveva come soprannome ”cinghialino” per il suo modo irruento di correre. Gli sarebbe piaciuto fare il camionista, se non fosse stata più forte la passione per la bici. Ogni volta che suonava la campanella a scuola, Massimiliano si precipitava nei prati a fare evoluzioni in sella. Da esordiente riuscì persino a battere Mario Cipollini, a Livorno, nella volata per il titolo toscano. [...] la carriera ciclistica di Lelli è finita a Lilla, nel Nord della Francia, tra i gendarmi della brigata antidroga di Parigi, che indagano dal marzo 2003 su un traffico di sostanze dopanti nella Cofidis» (’La Gazzetta dello Sport” 4/8/2004). «Un bravo ragazzo. Altruista. Forse anche troppo. Uno che per il ciclismo ha sacrificato tutto, senza ricavare granché sia sul piano dei risultati che del conto in banca. Adesso anche la vergogna dell’arresto e la galera in Francia, come un delinquente comune. [...] Pesantissime le accuse: aver ceduto Epo e istigato un compagno all´uso del medesimo ormone. A puntare il dito accusatorio è stato un suo compagno di squadra, lo scozzese Millar [...] ”Nell’agosto del 2001 ero ospite a casa sua a Manciano - ha dichiarato al giudice lo scozzese, che per la sua confessione è stato squalificato due anni - andavamo insieme a comperare l’Epo. Io gli davo 400 franchi a siringa e poi restavo in macchina. Era lui che comprava. E mi ha anche insegnato a fare le iniezioni sottocutanee, sulla spalla” [...] Lelli era una grande promessa quando nel 1989 approdò fra i professionisti con l’Atala e poi con l’Ariostea. Fu la rivelazione del Giro 1991, vincendo due tappe (Monviso e Selva), chiudendo al terzo posto in classifica con la maglia bianca di miglior giovane. Uno che le doti di base le aveva. Ma che si è trovato a lottare negli anni dell’Epo selvaggia; quando nel plotone il 60% di ematocrito (la parte corpuscolare del sangue) era la norma. Nessuna meraviglia che i suoi 15 anni di professionismo siano stati lineari, senza guizzi, con buone prestazioni, ma senza eccellere. Una ventina di vittorie in tutto, fra cui un titolo tricolore a cronometro (’95) e il Giro del Portogallo. [...] Ma Lelli, quanto all’Epo, sapeva benissimo come andavano le cose nel plotone. ”Senza usarla, è difficile andare avanti”, aveva azzardato al cronista [...] durante un viaggio in aereo» (Eugenio Capodacqua, ”la Repubblica” 5/8/2004).