L’Indipendente 25/07/2004, 25 luglio 2004
Il 18 marzo 1907, a mezzogiorno in punto, Luigi Albertini, direttore del ”Corriere della Sera”, telefona a Luigi Barzini per convocarlo in redazione
Il 18 marzo 1907, a mezzogiorno in punto, Luigi Albertini, direttore del ”Corriere della Sera”, telefona a Luigi Barzini per convocarlo in redazione. Vuole parlargli di un misterioso progetto che ha in mente. Barzini si aspetta l’ennesimo incarico da inviato speciale in zone di guerra, ma non ha idea di quale guerra possa essere scoppiata. Grande è lo stupore quando Albertini gli mostra una pagina del ”Matin”, quotidiano francese, che riporta il seguente annuncio: «C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile?». Nemmeno la conquista del Polo Nord può competere in audacia. Tra le lettere di partecipazione c’è anche quella del principe Scipione Borghese, non nuovo a tali avventure visto che nel 1900 aveva viaggiato attraverso la Persia fino a Tomsk, città russa a nord della Mongolia, e da lì fino al Pacifico. Così al direttore del ”Corriere” viene l’idea di associare a questa impresa il suo inviato speciale. Barzini, seduto tra i bagagli sul sedile posteriore dell’automobile, dovrà scrivere degli appunti di viaggio e inviarli, attraverso dispacci telegrafici, al giornale, con cadenza quasi giornaliera (appunti che poi diventeranno un libro di grande successo). La competizione si svolse poi fra cinque auto: tre francesi (tra cui una a tre ruote che si ritirerà quasi immediatamente), una olandese, e quella italiana, un’Itala costruita apposta per l’occasione. La vigilia La partenza (...) avrà luogo domani alle ore 8. Il governo cinese ha opposto resistenza passiva, proibendo il rilascio dei passaporti, fino a ieri sera. Poi li fece rimettere in tal modo da assicurarci ogni genere di difficoltà da parte delle autorità provinciali. (...) In ogni caso la partenza non sarà rimandata. L’ostinazione cinese non sembra naturale: qualcuno deve avere turbato con allarmi ridicoli l’ignoranza locale. (...) I mandarini reazionari, i quali sono potentissimi a corte, temono che la corsa sia un pretesto per provare quanto tempo s’impieghi per invadere la Cina con un esercito di automobilisti. Dispaccio telegrafico da Pechino, 9 giugno 1907 continua a pagina 4