varie, 3 agosto 2004
DE BENEDETTI Marco
DE BENEDETTI Marco Torino 9 settembre 1962. Manager. Capo del team italiano di buyout di Carlyle, colosso americano del private equity (da fine 2005). Ex amministratore delegato di Telecom. Ha iniziato la carriera professionale nel marketing presso la Procter & Gamble. Nel ’90 entra in Olivetti; nel ’96 è presidente di Infostrada; nel 1999 diventa amministratore delegato di Tim. Figlio di Carlo • «Il primo e il più convinto tifoso di Marco De Benedetti è la madre Mita, che non ha dubbi: fin dalla più tenerà età il figlio manifestava una inequivocabile propensione a tutto ciò che sapeva di computer. [...] Elserino Piol, che di Marco è stato, professionalmente parlando, la chioccia. lui, mago ante litteram delle telecomunicazioni, che lo ha voluto accanto a sè in Olivetti, che gli ha insegnato i rudimenti del mestiere, che lo ha messo a lavorare nella Telemedia, versione primitiva di Omnitel e Infostrada, dopo che il padre e Corrado Passera lo avevano mandato a mettere ordine (i maligni dicono per tenerlo lontano) in una delle più periferiche province di Ivrea, il Portogallo. E prima ancora? Prima ancora il giovane De Benedetti, quello dei tre che somiglia al padre come una goccia d’acqua, non si era sottratto alla prassi comune: studi a Ginevra, dove la progenie dell’Ingegnere viveva per paura dei sequestri, apprendistato negli Stati Uniti dove Carlo ha sempre frequentato il meglio di Wall Street. Al primogenito Rodolfo era toccata la Shearson Lehman, banca di rango. A Marco la Wasserstein, Perella, boutique del compro e vendo nata da una costola del potente Crèdit Suisse First Boston. A fargli da balia Yves Andrè Istel, un francese americanizzatosi alla svelta, consigliere di Carlo quando ancora scorrazzava per l’Europa e i giornali lo chiamavano ”il condottiero”. Da ragazzo di boutique, a Marco capita un’occasione come poche: seguire dalle retrovie l’assalto della Kkr, spregiudicata banca d’affari col nome da yogurt, alla Nabisco. Allora, siamo alla fine degli anni Ottanta, è la più grande opa del secolo, una torta da 20 mila miliardi. La vicenda è miticamente raccontata in Barbarians at the gate, un libro scritto da due giornalisti del Wall Street Journal che per il giovane Marco diventa la bibbia, intuendo forse che dieci anni più tardi tra i barbari ai cancelli della Telecom ci sarebbe stato anche lui. Quando dice addio a New York e torna a casa, in famiglia hanno già deciso i compiti da assegnare ai due figli. Il terzo, Edoardo, ha già scelto di suo e messo radici a Ginevra dove fa il medico. Restano lui e Rodolfo: anche se i pargoli sono sempre ”piezz’e core”, l’Ingegnere capisce che i caratteri non si programmano. Rodolfo è introverso, serio fino alla noia, meticoloso, di poche parole e senza grilli per la testa: l’ideale per guidare Cir e Cofide, le casseforti del gruppo, provate dalle troppe scorribande nella finanza. Marco, brillante, mondano, pervaso da inesauste passioni per donne e automobili, andrà a farsi le ossa in Olivetti, la partecipazione più importante. Va tutto bene, finchè a Ivrea non arriva il brutto tempo. E in casa De Benedetti le donne: tutte peperine e smaniose di mostrarsi in società. Con i conti al tracollo, De Benedetti lascia a Francesco Caio, giovane allievo che ha dato ottima prova di sè con i cellulari della Omnitel. Se ne pentirà per tutta la vita. Caio per lui non ha riguardi, figurarsi per il figlio che è lì che si trastulla con l’Infostrada, giocattolino divora-miliardi. Marco, in trincea, difende la sua creatura. Per poco, visto che come una meteora Caio passa e arriva Roberto Colaninno. Tutta un’altra musica. Tra i due è feeling a tal punto che quando il manager mantovano, nel frattempo diventato padrone, decide di dare l’assalto alla Telecom, Marco è sempre al suo fianco: tratta con gli investitori e le banche, girando l’Europa in lungo e in largo. Il padre se ne accorge e comincia a preoccuparsi: visto che Colaninno, altro suo allievo ribelle, non mostra alcuna sudditanza, meglio chiudere del tutto con Ivrea. Marco, secondo lui, dovrebbe comportarsi di conseguenza. Oltretutto in casa il lavoro non manca. La Cir, dopo anni di magra, ha ripreso a comprare: immobili, aeroporti e caramelle. Ma il giovane De Benedetti risponde picche. Vuol provare da solo, lontano dalla ditta paterna, dove i guai sarebbero solo suoi e i meriti inevitabilmente il frutto del nome che porta. A spingerlo i consigli della moglie Paola e il miraggio della Tim, il premio che Colaninno gli ha promesso, un colosso che in borsa capitalizza cinque volte l’azienda del padre. Paola Ferrari, grintosa conduttrice della Domenica sportiva, è l’ultima delle donne arrivate in casa De Benedetti. [...] conosce Paola a una cena in casa della cognata Emanuelle, moglie di Rodolfo, e dopo poco la impalma. [...]» (Paolo Madron, ”Panorama” 24/6/1999).