varie, 2 agosto 2004
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PLISETSKAYA Maya Mosca (Russia) 20 novembre 1925. Ballerina. «Grande, incontrastata diva del Bolscioi [
PLISETSKAYA Maya Mosca (Russia) 20 novembre 1925. Ballerina. «Grande, incontrastata diva del Bolscioi [...] personaggio che appartiene alla storia del balletto. [...] impareggiabile interprete del doppio personaggio di Odette-Odile nel Lago dei cigni, ineguagliabile Carmen, Premio Lenin 1964, è stata considerata spesso, in Occidente, negli anni della Guerra Fredda, la diva sovietica per eccellenza. In realtà, nel corso di tutta la sua carriera, è stata piuttosto una ribelle e un’antagonista rispetto all’establishment comunista. nota alle cronache la sua appassionata difesa dei valori formali dell’arte, una sorta di aperta professione di formalismo, ferocemente condannato dai fautori del realismo socialista.
Nei quasi quarant’anni del suo incontrastato dominio come interprete Maya ha spesso sostenuto apertamente il confronto anche aspro con l’autorità, confermando dietro le quinte quell’indomito carattere d’acciaio che è stata la nota caratteristica della sua tecnica e della sua arte» (’Il Messaggero” 1/8/2004). «Ha fatto innamorare prima Stalin e poi Kennedy, stregando infine sia Putin che Bush. Ha danzato soavemente durante le purghe comuniste e nel pieno della guerra fredda, ideando storiche coreografie dopo la caduta del Muro di Berlino. L’Urss, temendola e odiandola, l’aveva eletta a propria falsa icona. L’Occidente, venerandola e disprezzandola, tentò invano di farne un simbolo del dissenso sovietico. Maija Plisetskaja non è stata invece ciò che il mondo diviso le suggeriva di essere. La più grande ballerina di tutti i tempi, riscoperta dopo la perestrojka di Gorbaciov, si ribellò alle bugie e decise di non essere un’eroina. Guardando la storia sospesa sulle punte, non si è schierata con i carnefici della sua famiglia, che la osannavano, né con gli adulatori stranieri decisi ad usarla quale arma diplomatica. ”Ho scelto di ballare e basta pagando la paura con una vita da finta famosa, annegata nell’indifferenza”. L’ultima diva del balletto mondiale, amata da Picasso e Chagall, ma pure da Beria e Breznev [...] La donna che fece dire a Bejart ”se l’avessi conosciuta prima la storia del balletto sarebbe stata un’altra” [...] La più misteriosa delle étoile, che il Kgb sospettava essere una spia degli inglesi[...] ”Il comunismo è stato un’assurdità, una catastrofe davanti alla quale la società era costretta a piegarsi per sopravvivere”. Unica gloria nazionale a cavallo di due secoli, è stata ritratta assieme a Putin per i manifesti elettorali. Come all’epoca di Kruscev, lei strizza però l’occhio all’Europa e respinge le retromarce innestate dal Cremlino. Fino a ricordare, nell’autobiografia, ”la vita rubata dalle dittature”. Il padre, oppositore del regime, viene fatto fucilare da Stalin. La madre finisce in un gulag. Eppure lei, ”obiettivo sensibile” in quanto figlia di ”nemici del popolo”, a 17 anni è già la stella del Bolscioi. ”Il Kgb - racconta - mi fece sapere che se non mi fossi adeguata mi avrebbe spezzato le gambe. Ero giovane, ignara del mondo: ho scelto di danzare”. Una vita leggendaria. Il politburo del Pcus, assieme ad armi, scacchi e sport, trasforma il balletto nel simbolo della potenza sovietica. La vuole, fragile e bella come un cristallo, ad ogni ricevimento. Le concede però il visto per la prima tournée all’estero solo nel 1959, quasi a fine carriera. ”Cinque dollari al giorno - ricorda Maija Plisetskaja - per sopravvivere divoravo cibo per gatti e spazzolavo i buffet degli hotel”. Negli Usa riceve in camerino un bouquet di rose da Rudolph Nureyev, esule da anni dopo che il regime gli ricopriva il palco con pezzi di vetro. ”Il giorno dopo un agente del Kgb mi si presentò annusando un mazzo di rose. Mi chiese cosa avrei fatto se Nureyev mi avesse inviato dei fiori. il mio rimpianto: non ho accettato la sua proposta di ballare una volta insieme”. Per questo si definisce ”una vittima silenziosa perché non coraggiosa” [...] ha esordito al Bolscioi nel 1943, mentre Hitler assediava Leningrado. Avrebbe potuto avere tutto. Ha rinunciato. Così alla fine ha vinto lei: ”Dzerzhinskij - sorride - voleva vietarmi la trasgressiva Carmen. Risposi che sarebbe morta con me. Oggi posso dire che io morirò, ma la Carmen no”» (Giampaolo Visetti, ”la Repubblica” 15/11/2005).