varie, 31 luglio 2004
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Lachapelle David
• Fairfield (Stati Uniti) 11 marzo 1968. Fotografo • «Uno dei più grandi fotografi del mondo [...] viaggio incessante tra il triviale e il piccante [...] rivisitazione barocca e frastornante delle mitologie della società di massa [...] strepitose fanciulle in microbikini adagiate su un fondale di hot dog [...] Le sue sono ragazze discinte ma quanto diverse da quelle fotografate da Patrick Demarchelier, da Helmut Newton, da Nobuyoshi Araki [...]» (Giampiero Mughini, ”Panorama” 25/3/1999) • «La leggenda vuole che sia diventato fotografo a soli sei anni quando scattò una Polaroid a una donna bellissima e statuaria, sua madre, che posava sfolgorante in un bikini mozzafiato mentre si trovavano in vacanza a Porto Rico. Premonitore segno del destino o no, quell’immagine ha guidato David LaChapelle, come una stella cometa, nell’Olimpo dei grandi dell’obiettivo e ha contribuito a confermarne la fama di enfant terrible guadagnata alla fine del Secondo millennio. Scatenato visionario, trasgressivo per vocazione, capace di mischiare con inusitata libertà i linguaggi dell’universo mediatico contemporaneo - dalla pubblicità al cinema, dalla moda alla televisione, dalla fotografia alle tecniche digitali - LaChapelle ha creato un luna park dei Tempi moderni, un Paese delle meraviglie scintillante e paradossale, fiabesco e ironico, pop e iperrealista che ha rinnovato la scena dell’immagine come non accadeva da tempo. Ha immortalato con sguardo irriverente una lunga teoria vip che comprende la camaleontica Madonna e Uma Thurman, Cameron Diaz e Leonardo Di Caprio, Elton John e Gisèle Bundchen... Avrebbe voluto [...] fotografare anche papa Wojtyla. Come? ”Sarebbe interessante farlo posare come un comune mortale. Magari mentre si lava i denti”, disse, aggiungendo che il nome che porta, forse, avrebbe potuto giocare a suo favore nel convincere il pontefice... [...]. Convinto sostenitore ”degli estremi e dell’eccesso” come i suoi maestri Andy Warhol e David Hockney, LaChapelle è un messaggero ideale per far dialogare i segni della contemporaneità, dell’opulenza e del consumismo con il tessuto sociale e urbano [...]» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 6/8/2005) • «[...] il più ricercato regista di video musicali. [...] soprattutto il più ammirato fotografo contemporaneo, le sue immagini pregne di un assurdo surrealismo che il ”New York Times” ha paragonato a quello di Federico Fellini e nel quale Richard Avedon ha visto un altro parallelismo: ”Fra tutti i fotografi che inventano immagini surreali, LaChapelle è quello che ha il maggiore potenziale di essere il Magritte del suo genere”. Immagini intense e brillanti, le sue, cariche di dramma e di spettacolo, di erotismo e di sovversione, di ironia e di voyeurismo un po’ kitsch. [...] ”[...] per essere un artista devi essere una puttana, perché tutti noi artisti siamo anche delle puttane. Lo dico senza giudizio. Quando avevo 17-18 anni sono stato un prostituto nel senso letterale della parola. Ero a New York, andavo per i bar della Terza Avenue con uomini più vecchi di me. Avevo bisogno di soldi, con quei soldi mi sono comprato le mie prime macchine fotografiche. C’era anche un qualcosa di eccitante, come se fosse stato un rito di passaggio. Non lo raccomanderei a nessuno, anche perché quelli erano altri tempi, quando non c’era ancora la piaga dell’Aids che si è portata via metà dei miei amici. Ma amo i prostituti, perché un bravo prostituto ama quello che fa [...] non mi sento un artista e non voglio venire percepito come un artista con tutte le responsabilità che derivano da quella etichetta. Io voglio fotografare tutto: voglio fotografare Pamela Anderson, fare pubblicità, riprendere Las Vegas. Molto di quello che fotografo mi disgusta, ma cerco in tutto la bellezza. Puoi trovarla in un centro commerciale. O in un obeso. C’è abbastanza bruttura in questo mondo, perché crearne altra? [...] Non cerco tette e peni, puoi trovarli in un pornoshop. Non mi interessano neanche i difetti delle persone o prenderle in giro. Come un ragazzino gay cresciuto in North Carolina sono stato preso in giro e umiliato, non ho bisogno di fare lo stesso ad altri. Cerco invece il lato eroico dei personaggi, voglio vedere quanto siano disposti ad andare oltre i loro limiti e che cosa sono pronti a fare con i loro corpi, con le loro braccia, i loro capelli” [...] Pamela Anderson, uno dei suoi soggetti preferiti. ”Pamela è l’autentica ”All American Girl’, anche se è canadese. tutta di più, le più grandi tette, il più grande sorriso, la più grande voglia di esibizionismo. Una con la quale puoi farci sesso ed essere il suo miglior amico. un pezzo vivente di pop art, una donna che non è per niente quello che appare [...] Ho sempre concepito le mie foto come fotogrammi di un film che richiedono molta collaborazione e per le quali costruiamo grandi set dove c’è sempre musica e gente che va e che viene. Una grande confusione, anche se è un caos controllato. Col cinema mi preparo allo stesso modo, è solo un mezzo diverso con il quale fare le stesse cose”» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 24/2/2006).