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 2004  luglio 29 Giovedì calendario

Nasseri MerhanKarimi

• Masjed Soleiman (Iran) 1942. Figlio di un medico iraniano e dell’amante scozzese. Cresce nella casa del padre e studia all’università di Teheran. Alla morte del padre la madre gli rivela la verità. Choccato, lascia l’Iran per l’Inghilterra dove diventa un attivista dell’Associazione degli studenti iraniani. Nel ‘76 rientra in Iran dove viene arrestato. Dopo un lungo peregrinare tra Inghilterra, Germania, Olanda e Belgio, si ritrova all’aeroporto Charles De Gaulle. Vive lì dal 1988 con al seguito due valigie, una coperta e un divanetto rosso. Steven Spielberg ha tratto dalla sua storia il film Terminal, interpretato da Tom Hanks. «Tutto ciò che lo riguarda va scritto al condizionale perché l’uomo, con meticolosa follia ha perseguito il faticoso obbiettivo di cancellare la sua storia e la sua identità. O meglio, siccome nessuno l’ha riconosciuto per chi era, finito anche lui nel tritacarne kafkiano di timbri, permessi, certificati di immigrazione, s’è rifugiato sul suo divanetto rosso di Roissy demolendo pezzo per pezzo la sua vecchia identità e sta tuttora tentando di costruirsene una nuova. Appena un nome - per ora - mezzo vero e mezzo falso: sir Alfred Mehran. [...] Sir Alfred ha due grandi amici all’aeroporto: il dottor Philippe Bargain, capo del servizio di medicina d’urgenza, e il dottor Martin Youenang, il farmacista, che [....] racconta in breve la sua storia. Merhan Karimi Nasseri sarebbe nato nel Kurdistan iraniano, figlio di un medico, Karimi Abdolkarim, e della sua amante, un’infermiera scozzese. Benché illegittimo, il bambino è cresciuto nella casa del padre, amato e curato come un figlio dalla sua legittima moglie. Alla morte del padre, però, la donna rivela al figlio la verità. Il ragazzo ha già più di vent’anni, ha studiato all’università di Teheran (e sembra che sia anche laureato in psicologia), resta choccato dalla rivelazione e lascia tutto. Sbarca in Inghilterra, si iscrive all’università di Bradford dove - ci ha detto - ha studiato il serbocroato. Diviene attivista dell’Associazione degli studenti iraniani. Nel ‘76 decide di rientrare in Iran dove la polizia dello Scià consuma le ultime crudeltà: viene arrestato, finisce in carcere, ci resta quattro mesi e poi viene di nuovo cacciato dall’Iran. Torna in Inghilterra che - da quando ha saputo che la sua vera mamma, Simone, sarebbe stata scozzese, di Glasgow - nella sua testa è diventata la sua vera patria. Piuttosto ingrata, in realtà. Anche qui viene arrestato ed espulso. La storia a questo punto si confonde su un’infinità di piste: Germania, Olanda, Francia, Belgio, di nuovo Inghilterra. Nell’81 il Belgio gli riconosce lo status di rifugiato. Nell’84 tenta di tornare in Inghilterra ma invia all’indirizzo sbagliato la sua domanda di asilo e le sue carte. I britannici lo espellono di nuovo. Finisce in Francia. Si fa qualche mese di prigione come clandestino. Le sue tracce si ritrovano nell’88 all’aeroporto Charles De Gaulle. Dove da allora non è più uscito. L’inestricabile vicenda è ovviamente punteggiata di aneddoti che non si sa quanto veri, ma indubbiamente verosimili. Per esempio sembra che il Belgio gli avesse offerto di ricostruirgli i suoi documenti a patto che lui stesso si recasse a Bruxelles a richiederli. Ma lui non ci poteva andare perché il “non-luogo” aeroporto gli offriva una copertura che il resto del mondo non poteva dargli: sul suo divanetto di Roissy era qualcuno, fuori un clandestino da arrestare e rispedire chissà dove. Commenta il dottor Martin Youenang: “Se solo i belgi avessero accettato di mandargli i documenti per posta, forse tutta la sua vita sarebbe cambiata”. Non l’hanno fatto e Merhan Karimi Nasseri ha cominciato a lavorare sulla cancellazione della sua identità. In quel momento ha preso lentamente corpo sir Alfred Merhan. E quando nel 1999 l’avvocato Christian Bourget di Parigi che con infinita pazienza ha ricostruito il puzzle della sua vita è riuscito a portarlo al tribunale di Bobigny dov’erano finalmente disponibili a dargli dei documenti che gli avrebbero consentito di uscire dall’aeroporto, il paradosso si è compiuto. Davanti al giudice l∞uomo che si chiamava Merhan Karimi Nasseri ha negato la sua identità: “Mi rifiuto di firmare queste carte, non sono io, io non sono iraniano, mio padre era svedese e mia madre danese”. La metamorfosi era compiuta, davanti al giudice c’era ormai sir Alfred Mehran. Sintetizza il dottor Philippe Bargain: “Noi e lui viviamo sullo stesso disco ma non nello stesso solco”. Ci ha detto: “Io non so nulla delle mie origini, forse sono americano”. Sir Alfred è un bell’uomo, asciutto, pacato. Parla soltanto in inglese. Ha due baffoni neri, una bella polo grigia, i pantaloni stirati, un buon paio di scarpe. Tutto sembra uscito dalle boutique griffate di Roissy. Se ne sta quasi sempre seduto sul suo divanetto rosso. Intorno c’è la sua vita: una valigiona sul carello portabagagli come se dovesse partire da un momento all’altro, un’altra valigetta, un ordinato accumulo di piccole cose, una coperta blu piegata per la notte. [...] “L’America e il Canada mi hanno promesso un passaporto. Io spero di andare in Canada perché là il sistema scolastico è migliore”. Vuole rimettersi a studiare, sir Alfred. Il bravo farmacista sorride e filosofeggia: “Vede, questa storia svela il volto gelido dell’amministrazione che non guarda la faccia che sta dietro una domanda di documenti”» (“La Stampa” 29/7/2004).