Varie, 28 luglio 2004
MORI
MORI Mario Postumia (Trieste) 16 maggio 1939. Generale dei carabinieri. Negli anni del terrorismo è uno degli uomini di fiducia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Arresta i brigatisti Barbara Balzerani e Giovanni Senzani. Dall’86 al ”90 comanda il gruppo carabinieri Palermo I. Dal ”90 è al Ros e, nel ”96, ne diventa il comandante. Nel gennaio del ”93 coordina l’operazione che porta alla cattura di Riina (Andrea Marcenaro, ”Panorama” 14/1/1999) • «Il generale Mario Mori assurge alle cronache il 15 gennaio 1993 quando i suoi uomini catturano Totò Riina. Un’operazione da manuale che presto si tinge di giallo. Ci vollero 19 giorni per sapere che la villa del boss era rimasta incustodita mentre ai magistrati risultava il contrario. La mancata perquisizione, definita dal Pg di Palermo Rovello ”un mistero di Stato” scava un primo fosso tra la Procura di Palermo di Caselli e il Ros. Non sarà l’unico. I contrasti riesplodono nel 1997 quando il più stretto collaboratore di Mori, l’ufficiale Giuseppe De Donno, denuncia ai giudici di Caltanissetta alcuni magistrati di punta del pool di Caselli accusati da un pentito di mafia gestito dallo stesso Ros. Finirà tutto archiviato con un giallo: quel pentito dirà di non aver mai fatto i nomi di quei magistrati. Intanto viene fuori per la prima volta dai racconti di Giovanni Brusca, il killer di Giovanni Falcone, la storia del ”papello” e dei contatti tra uomini dello Stato e i boss nella terribile estate del ”92. Solo in seguito a questa rivelazione Mario Mori racconta ai magistrati di Firenze dei suoi incontri con Vito Ciancimino. E aggiunge con oltre cinque anni di ritardo di aver incontrato il 25 giugno del 1992 il giudice Paolo Borsellino per parlare di mafia e appalti. l’ennesimo mistero: nell’agenda del giudice di quell’incontro non c’è menzione. Il Pm dell’inchiesta sulla strage di Capaci, Luca Tescaroli, attribuisce a quell’incontro un significato sinistro. ”Dopo quella data i boss ricevettero un segnale istituzionale che suonava come una idoneità dell’azione stragista”. L’incontro del 25 giugno appare come uno spartiacque nell’evoluzione della cosiddetta trattativa tra Vito Ciancimino e i Ros di Mori che proprio in quel periodo ha inizio. Anche i giudici di Firenze che hanno condannato il gotha mafioso per gli eccidi del ”93 sostengono che gli incontri tra l’ufficiale e don Vito furono un’iniziativa il cui ”effetto sui boss fu quello di convincerli che la strage era idonea a portare vantaggi all’organizzazione”. Intanto la carriera di Mori prosegue: diventa il numero due del Ros dei carabinieri. Nel 2001 il governo Berlusconi nomina Mori, diventato generale, a capo del Sisde, il servizio segreto civile. Ma poco dopo riesplode la vicenda del covo di Riina e il generale finisce sotto processo per la mancata perquisizione. Viene assolto nel 2006 ma con qualche ombra. Secondo la sentenza, l’operazione che porta all’arresto di Riina è contraddistinta dalla ”mancanza di comunicazione tra l’autorità giudiziaria ed il Ros”. Mori e De Caprio (l’ufficiale che materialmente compie l’arresto) nella vicenda di Riina sono andati al di là dello ”spazio di autonomia decisionale consentito dalla legge”. Intanto dal 2008 è di nuovo imputato a Palermo per aver omesso secondo la Procura l’arresto di Provenzano in seguito alle precise e veritiere informazioni giunte da Luigi Ilardo, un boss infiltrato. [...]» (Nicola Biondo, ”l’Unità” 14/9/2009).