"la Repubblica" 25/7/2004, pagina 33., 25 luglio 2004
«Venerdì 3 gennaio 1947. Pablo Picasso, Ho cinquant’anni. Abito a Ivry. Ho passato nove anni di internamento, di sottoalimentazione e di fame, complicati da tre anni in isolamento, con sequestro, molestie, celle di rigore, camicie di forza, e cinque mesi di avvelenamento sistematico all’acido prussico e al cianuro di potassio, cui si sono aggiunti a Rodez due anni di elettrochocs, punteggiati da cinquanta coma, ho nella schiena le cicatrici di due coltellate, e le terribili conseguenze di un colpo di sbarra di ferro che a Dublino, nel settembre del 1937, mi ha spaccato in due la colonna vertebrale - per dire che in queste condizioni ho difficoltà a trascinarmi, e che non è molto gentile avermi indotto a trainare già cinque volte il mio corpo da Ivry alla rue des Grands Augustins, e in pura perdita
«Venerdì 3 gennaio 1947. Pablo Picasso, Ho cinquant’anni. Abito a Ivry. Ho passato nove anni di internamento, di sottoalimentazione e di fame, complicati da tre anni in isolamento, con sequestro, molestie, celle di rigore, camicie di forza, e cinque mesi di avvelenamento sistematico all’acido prussico e al cianuro di potassio, cui si sono aggiunti a Rodez due anni di elettrochocs, punteggiati da cinquanta coma, ho nella schiena le cicatrici di due coltellate, e le terribili conseguenze di un colpo di sbarra di ferro che a Dublino, nel settembre del 1937, mi ha spaccato in due la colonna vertebrale - per dire che in queste condizioni ho difficoltà a trascinarmi, e che non è molto gentile avermi indotto a trainare già cinque volte il mio corpo da Ivry alla rue des Grands Augustins, e in pura perdita. Può darsi che le mie poesie non la interessino, che non le consideri degne di uno sforzo, ma bisognava almeno dirmelo. L’ora è grave Pablo Picasso. I libri, gli scritti, le tele, l’arte non sono niente; quello che giudica un uomo è la sua vita e non l’opera, e che cos’è l’opera se non il grido di una vita. La coscienza d’odio che guida tutto ha molti modi di tenere gli uomini che a tratti hanno creduto di voler farsi forza per far saltare la bestialità (...) E non tocca ai rari uomini che si sono pensati nemici nati della malizia fare il gioco del fascismo eterno di dio. Antonin Artaud».