varie, 25 luglio 2004
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Piccioni Piero
• Torino 6 dicembre 1921, Roma 24 luglio 2004. Musicista. All’inizio della sua carriera usò lo pseudonimo di Piero Morgan. Debuttò alla radio nel ’38 come pianista. Ha firmato oltre 100 colonne sonore di film lavorando con Rosi, Lattuada, Risi, Pietrangeli, Comencini, Bolognini, Petri, la Wertmüller, Argento, Zampa, Visconti. Musicò quasi tutti i film di Alberto Sordi. «Giovanissimo, aveva seguito la passione per la musica, una scelta che la famiglia - suo padre Attilio era uno dei padri della Dc - accettò senza entusiasmo, tanto che nella prima parte della sua carriera usò lo pseudonimo di Piero Morgan. A 22 anni, in piena guerra mondiale, mise insieme un´orchestra jazz di tredici elementi: iniziativa avventata per i tempi, visto che il suo idolo era Duke Ellington e il repertorio puro jazz americano. "Però eravamo bravi e la radio, sfidando l´autarchia, ci affidò alcuni programmi", diceva il maestro e amava ricordare che proprio in radio conobbe Alberto Sordi, che allora divertiva gli italiani con Mario Pio e i compagnucci della parrocchietta. I destini del musicista e di Sordi però s´intrecciarono di nuovo quando cominciò una collaborazione che non sarebbe mai finita. Piccioni era uscito da poco dal periodo più doloroso della sua vita, l´incubo del processo Montesi, cominciato l´11 aprile del ´53 con il ritrovamento del corpo senza vita di Wilma Montesi. Morte accidentale, poche righe in cronaca, finché apparve sulla scena Anna Maria Moneta Caglio che, con clamorose rivelazioni su orge e festini, coinvolse personaggi famosi, tra i quali il marchese Ugo Montagna e il maestro Piccioni, allora 32enne. Nel 1957 fu assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Piccioni fu apprezzato da molti registi, da Visconti a Tinto Brass e, tra tutti, diceva scherzando di preferire Rossellini, "perché neanche ascoltava la mia musica. Non dava soddisfazione ma neanche rompeva le scatole". Tutt´altra storia quella con Alberto Sordi, un sodalizio, un´amicizia indistruttibile. Piccioni non solo scrisse le colonne sonore della maggior parte dei film di e con Sordi, facendogli cantare brani indimenticabili come You never told me da Fumo di Londra o Amore amore amore da Un italiano in America, ma fu anche l´autore della celeberrima sigla di Storia di un italiano, la stessa che accompagnò il feretro dell´attore al Verano. "Rimasi molto stupito: è una musica allegra, brasiliana, non mi sembrava adatta a un funerale. Poi vidi la gente per la strada che ballava. Ballava e piangeva: mi commossi anch´io", disse Piccioni nel primo anniversario della morte di Sordi» (m.p.f., "la Repubblica" 25/7/2004). «Grande musicista capace di spiegare, illuminare, virgolettare le emozioni del cinema: il pianista, organista e direttore d’orchestra [...] negli anni ’ 50 sembrò essere travolto dallo scandalo Montesi, sembrava all’inizio destinato a fare l’avvocato. Ma la sua passione era il jazz, allora quasi clandestino, e proprio questo mondo ritmato e sincopato fu il contributo moderno che Piccioni diede al parallelismo tra suono e immagine e che portò in dote prima alla Rai e poi nel suo lavoro su oltre cento film.A partire dal ’53 quando si firmava ancora Piero Morgan e ironicamente commentava le immagini della Spiaggia di Lattuada, un altro di quei registi cui rimase fedele, così come collaborò con Risi, Pietrangeli, Comencini, Bolognini, Petri, la Wertmuller, Argento, Zampa, anche Lo straniero di Visconti, anche un Godard ripudiato dall’autore (Il disprezzo). Giornate balorde e dolci inganni, notti brave e begli antoni, egli portò nel cinema anni ’60, metti il jazzistico I dolci inganni, La giornata balorda, La notte brava, il lungo assolo di solitudine della tromba e un disinvolto uso ironico della musica d’accompagnamento su personaggi e situazioni. Anche se ha scritto musica per tutti i gusti e generi, lavorando velocissimo spesso anche su commissione, molti lo danno come il compositore della commedia all’italiana, avendo composto il drammatico accompagnamento del Sorpasso, dove vale anche la compilation dei successi dei jukebox d’allora. Ma Piccioni, spesso premiato con Nastri e David, soprattutto è stato l’alter ego cinematografico del suo grande amico Alberto Sordi, per il quale ha scritto quasi tutte le colonne sonore in un rapporto di totale complicità umana e artistica. Ritmi, refrain, voci bianche natalizie ironiche come nel Diavolo, marcette saltellanti come i passi dell’attore (vedi Il medico della mutua), comprendenti alcuni successi popolari come l’ironico Ma ’ndo vai se la banana non ce l’hai?, cantata dalla Vitti in Polvere di stelle e Goodbye my darling, il sentimental song di Fumo di Londra, anche inciso da Mina. Con lo stesso professionismo con cui ha commentato le belle ma povere, i racconti d’estate, i tipi da spiaggia, i brevi amori a Palma di Majorca, i Sartana e i mondi di notte, Piccioni si è dedicato all’opera omnia di Francesco Rosi. Che lo ha voluto per sottolineare le denunce dei suoi capolavori, dai Magliari e Salvatore Giuliano alle Mani sulla città , con una serie di interventi realistici, aspri, quasi interattivi con il dramma. Altre volte Piccioni si è divertito a mimare anche la musica seria come la partitura alla Debussy per Senilità o a citare divertito il melodramma (Mimì metallurgico). Si diceva del caso Montesi, la storia di una povera ragazza trovata misteriosamente morta sulla spiaggia di Torvaianica il 17 marzo 1954, che mise a rumore i vip politici e mondani di allora. Tra pettegolezzi su droga party e festini liberi, come una premessa alla dolce vita che verrà, Piccioni fu accusato di averla uccisa, fu anche messo in prigione, ma poi fu la sua ex compagna Alida Valli a scagionarlo, dicendo che quella sera loro erano insieme, nella villa amalfitana di Ponti. "Ne rispondo di persona - ci disse tempo fa la famosa attrice - il senso della giustizia ha sempre controllato la mia vita". Tutti confermarono l’alibi e il musicista fu scagionato: in realtà non si seppe mai per mano di chi morì la ragazza, ma intanto Attilio Piccioni, padre di Piero, ministro della Difesa Dc, fu costretto alle dimissioni il 19 settembre 1954, lasciando libera strada alla corrente di Fanfani che subentrava a quella di De Gasperi. Dietrologie di tutti i tipi, polemiche, cause: ma la verità non venne mai fuori. Fu una tragedia all’italiana che sembrò bloccare la carriera di un musicista fantasioso e originale. Il quale, proclamato innocente, tornò poi al suo lavoro grazie anche alla costante fiducia dei registi che apprezzavano quel suo modo di iniettare nel pubblico sensazioni ed emozioni, divulgando la suggestione del mondo del jazz, di cui era stato uno dei primi fan» (Maurizio Porro, "Corriere della Sera" 25/7/2004). «La dote indispensabile per un autore di colonne sonore è la versatilità: saper capire il carattere di ogni film al quale collabora, adattare la propria fantasia creativa alle esigenze del regista. Di questa intelligenza e abilità, Piero Piccioni ha dato infinite testimonianze. [...] Piccioni è veloce nello scrivere, bravo nell’arrangiare, preciso nel dirigere: qualità indispensabili, apprezzatssime, oltre che dai registi, dai produttori cinematografici, così sensibili al preciso rispetto dei tempi di consegna. Quando occorre, la sua scrittura si concede qualche enfasi cantabile molto italiana, mai però pesante, mai volgare. E piace quel vitalismo che rimane la più evidente eredità jazz. Questa immediata capacità comunicativa, che è all’origine del suo successo e spiega le oltre cento colonne sonore composte nella lunghissima carriera, non fa però intravvedere ancora quella tinta drammatica che emerge invece grazie alle pellicole di Francesco Rosi: Salvatore Giuliano, quando coglie le atmosfere rarefatte e minacciose della campagna siciliana e, forse più ancora, Le mani sulla città: la musica qui diventa capace di esprimere la protervia, la spudoratezza dell’intrigante palazzinaro-costruttore. La smorfia vincente di Rod Steiger quando contempla la colata di cemento sul Golfo viene ingigantita dall’orchestra di Piccioni, altrettanto tronfia e gradassa. Esempio davvero convicente di una musica "al servizio" dell’immagine. L’amicizia con Sordi diventa presto un solido sodalizio professionale. Piccioni lavora prima per Albertone attore, anche ne Il boom di Vittorio De Sica, poi firma la musica di Fumo di Londra: siamo nella metà degli Anni Sessanta, nella Londra dei Beatles, di quella pacifica levità del vivere, del fare volentierissimo l’amore e non la guerra, che ritroviamo nella swingata velocità dei passaggi musicali del film. Qui, Piccioni abbandona le caratteristiche più note del suo scivere, recupera gli amori giovanili nei confronti del jazz, li stempera adattandoli all’età e allo spirito del protagonista. La felicità della loro collaborazione raggiunge uno degli apici nella surreale Marcia di Esculapio del Medico della mutua: la velocità con cui la musica "mima" la camminata dei medici nei corridoi dell’ospedale contribuisce in modo decisivo a trasformare i pazienti in polli da allevamento, da nutrire a pillole, flebo, iniezioni, senza che i dottori si fermino un secondo di più a considerare le loro mallattie. Con Sordi, l’amicizia e il lavoro comune ressero sempre, fino a Incontri proibiti del 1998. Più episodiche le collaborazioni con altri autori italiani, come Mario Monicelli, Lina Wertmüller (due grandi successi: Mimì metallurgico ferito nell’onore e Travolti da un insolito destino), Luigi Comencini, Nanni Loy, Elio Petri. Se Ennio Morricone ha sviluppato l’arte del sottrarre, del creare un clima sonoro con elementi essenziali, se la musica di Nicola Piovani si preoccupa più di evocare che di narrare, Piccioni amava descrivere, sottolineare, con una "tinta" italiana capace di comprendere, oltre al tono del film, anche la mimica, la particolarità, si direbbe il volto di ogni protagonista. Una caratteristica molto apprezzata, che forse gli ha impedito una attività compositiva destinata anche a produzioni e registi internazionali» (Sandro Cappelletto, "La Stampa" 25/7/2004).