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 2004  luglio 25 Domenica calendario

BERGONZI

BERGONZI Carlo Vidalenzo (Parma) 13 luglio 1924. Tenore • «"Di quella pira, di quella pira, di quella pira, mia madre non riusciva a farmi star zitto, ”ma sei matto’, diceva. Mi ero messo in testa, come un elmo, lo scolapasta, uno di quelli vecchi di ferro, e davanti allo specchio di casa continuavo a gridare e ridere: Di quella pira! Avevo sette anni, mio padre mi aveva portato a vedere un Trovatore, mi sentivo già Manrico’". [...] è nato ventiquattro anni dopo la morte di Verdi, ma a sentirlo raccontare, è come se gli fosse sempre stato accanto, e vivo. "Sono nato a un chilometro dalla sua villa, a Sant’Agata. Saltavo a piedi, sarà un metro, la Ongina, il torrente che divide Parma da Piacenza, guardavo le sue finestre, il giardino [...] e mi sembrava di stare in sua compagnia. Qua si cresceva a polenta, formaggio e romanze di Verdi [...] La terra i contadini la amano sempre. Di primavera perché rinasce, in autunno non c’è niente al mondo di più bello della nebbia che si infila tra i pioppi che vanno verso il Po, l’inverno si sta insieme in osteria. E poi, non ho scelto io dove nascere! Quando ho debuttato, mi han chiamato il tenore contadino. Mica un’offesa, volevano dire che ero di queste parti, che ero uno di loro, e anche che avevo nella voce la cordialità della nostra gente [...] I contadini lavoravano dalle quattro della mattina fino a notte; le vacche le mungevano una per una, a mano. Un giorno, mentre aiutavo mio padre a fare il formaggio, ho visto passare un casaro che non stava in piedi dalla fatica e ho detto: ”Come è vecchio’. E mio padre: ”Sì, ha già cinquantanni’. Morivano presto per quanto lavoravano [...] Ho debuttato nella Messa di Perosi, poi sono andato a studiare al Conservatorio di Parma. Ancora oggi, quando canti al Regio non puoi scherzare, lì capiscono davvero [...] Cantare da tenore è una vita di sacrificio, sempre. Io avevo una tecnica che mi permetteva, anche se non ero in forma perfetta, anche se non stavo bene, di finire una recita senza disastri. Bergonzi canta senza ”cover’, senza doppio, dicevano gli impresari"» (Sandro Cappelletto, "La Stampa" 25/7/2004).