varie, 24 luglio 2004
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Reggiani Serge
• Reggio Emilia 2 maggio 1922, Parigi (Francia) 23 febbraio 2004. Attore. Cantante • «Nel ´30 aveva seguito in Francia (a Yvetot, in Normandia) i genitori antifascisti che fuggivano da Mussolini e dalla povertà. Attore di teatro e di cinema, cantante, pittore e scultore, [...] un "rital" come il toscano Montand-Livi, il parmigiano Lino Ventura, il napoletano Coluche-Colucci. Ma da loro era molto diverso. Pur essendo stato un bellissimo uomo non aveva mai avuto i modi di un seduttore; dell´italiano tipico non manifestava la rudezza virile di Ventura né la sfrontatezza di Coluche. Reggiani era la classe, la discrezione, l´estrema umanità grazie alla quale si concedeva di essere fragile. Lo fu ancor di più dopo il suicidio, nell´80, del suo primogenito Stephan, anche lui musicista. Nelle sue memorie (La question se pose) confessa due tentativi di suicidio e una lunga dipendenza dall´alcol. [...] era sbocciato piano piano, canzone dopo canzone: L´italien che era il suo inno, Le déserteur (di Boris Vian, della quale resta il miglior interprete), quelle scritte per lui da Moustaki, altro grande immigrato, che ancora lo rappresentavano completamente: Ma solitude, Ma liberté, e ancora Sarah, Les loups, e Le Barbier de Belleville, la sua storia. Arrivati a Parigi dalla Normandia, i Reggiani aprono infatti un negozio di parrucchiere. Fu la stizza di una signora, durante uno sciampo maldestro, a metterlo sulla buona strada: "Farebbe meglio a cambiare mestiere, giovanotto". E lui, che da buon emigrante aveva già provato con lo sport (la boxe), trovò su un giornale l´annuncio dei corsi dell´Accademia d´Arte Drammatica. Il teatro lo premia subito: ha poco più di vent´anni quando recita nel Britannicus di Racine messo in scena da Jean Marais, poi nel ´42 in Les parents terribles di Jean Cocteau (suo scopritore ufficiale) bloccato dai miliziani dopo nove repliche, e nel ´49 in Les giustes di Camus. L´anno prima Reggiani diventa francese. Nel ´51 mette in scena un Amleto, con successo. Ma lo spettacolo teatrale più importante della sua carriera sarà Les séquestrés de Altona di Sartre che interpreterà più di cinquecento volte, nel ´59 con un ripresa (autorizzata da Sartre) nel ´65: Reggiani è il tormentato nazista Max che passa attraverso gli orrori senza chiudere gli occhi. Un ruolo che gli resterà per sempre addosso proprio come quello di Manda, l´amante assassino di Simone Signoret in Casco d´oro di Becker (1952). Con l´attrice ha già recitato nella Ronda di Ophuls, ma con lei ha soprattutto fatto la staffetta partigiana durante la guerra. Sarà Reggiani a far incontrare Montand e Signoret, e con loro dividerà una militanza politica che lo condurrà a cantare per gli studenti del ´68 parigino. Le sue scelte nel cinema sono di prim´ordine: Clouzot, Duvivier, Melville, Autant-Lara, Visconti (un ruolo minore nel Gattopardo), Costa Gavras, Sautet, Lelouch, il Comencini di Tutti a casa, Scola, fino ad Anghelopoulos. E anche la canzone inizia con un nome illustre: Boris Vian. Nel ´64 Jacques Canetti, scopritore di Brel e Brassens, e patron del cabaret parigino "Les trois baudets" cerca un cantante per un disco di canzoni di Vian. Montand rifiuta, Reggiani accetta. Il secondo disco è del ´67 e per lui che è uno "chanteur a texte" (cioè non autore) compongono Moustaki, Gainsbourg, Beart, Dabadie. In due dischi c´è già un repertorio. La canzone lo appassiona fino alla metà degli anni 80, poi è la volta della pittura. Farà una mostra l´anno e ammetterà sempre di avere avuto la folgorazione nell´atelier di Picasso, ma non la sua stessa ispirazione» (Laura Putti, "la Repubblica" 24/7/2004). «L’italien mingherlino ma dallo sguardo un po’ folle, sapeva infatti incarnare i sogni classici dei francesi, incideva come nessun altro Boris Vian e recitava Villon, Baudelaire e Rimbaud. E’ stato fino all’ultimo uno dei re dell’Olympia. Ma anche i socialisti lo rivendicano, come rappresentante di speranze, rivolte e sogni ampiamente condivisi magari impersonando povericristi con facoltà di sognare e basta, come il soldatino pieno di umanità di Tutti a casa che alla fine spara contro i tedeschi invasori. Certo, per gli italiani di una certa età Reggiani rimane sempre l’"apache", l’ex falegname malavitoso che muore all’alba ghigliottinato nella Parigi della Belle Epoque per la bionda Simone Signoret di Casco d’oro , il film di Becker che nel ’52 lo lanciò: "Un piccolo gatto da marciapiede tutto nervi", scrive lo stupendo Truffaut. Per altri è il napoletano Ceccarelli che, l’8 settembre 43, segue Sordi nell’Italia distrutta e disperata di Tutti a casa il capolavoro di Comencini del 60, mentre molti lo ricordano come Robespierre nei Giacobini di Zardi, successone tv. Una scena da antologia? Quella del Gattopardo in cui egli, il cacciatore di Donnafugata, si confida con Lancaster sulla volgarità della nascente borghesia di don Calogero (Stoppa) e racconta della di lui invisibile e bella moglie. Personaggi indimenticabili, come quelli centellinati con Melville, resi con misura introspettiva, quasi senza alzare lo sguardo. Perdenti per diverse cause: a Reggiani, che pur combatteva per la giusta causa sociale, piacevano i negativi, come il laido collaborazionista di Mentre Parigi dorme di Carnè, ’43. La sua vita era stata un film, agitata dall’uso. Il primo tempo è nei quartieri degli immigrati a Parigi, dove tenta di fare il parrucchiere (ma si annoiava), di cantare da baritono (ma non aveva la voce), di fare il ciclista (ma non aveva i muscoli), di boxare (ma non aveva la forza). E’ un tipo malinconico, di quelli che conservano odio e amore, covano vendette, erede del realismo magico. Poi arriva il Conservatorio, dove studia, si afferma e i migliori registi dell’epoca lo vogliono in ruoli nervosi e scopertamente romantici: Clouzot in Manon , Cayatte in Gli amanti di Verona , Ophuls in uno degli episodi, La prostituta e del soldato, della Ronde. L’epoca del successo comprende anche il teatro, grande passione: recita tutto quello che a un francese intellettuale di quegli anni conviene, debuttando con Vitrac e poi Claudel ad Avignone diretto da Vilar, passando poi a Cocteau, Camus fino ai Sequestrati di Altona di Sartre nel ’59, ma si toglie anche il capriccio di dirigersi come Amleto ad Angèrs. Lo spettacolo è tutt’uno per Reggiani che, complice e partner Barbara, debutta anche da chansonnier esistenzialista ma per tutti, che canta anche Moustaki e Gainsbourg: al Lirico di Milano lo chiama Paolo Grassi. Molte delle sue canzoni diventano popolari, piene di riferimenti biografici, parlano di gente comune, di sentimenti autentici, delle choses de la vie . Il secondo tempo lo vede impegnato al cinema sempre con registi di classe. In Italia recita con Maselli, Damiani nel Giorno della civetta, fa l’indiano pazzo in di Ferreri, è il funzionario tv che non sopravvive al crollo degli ideali ne La Terrazza di Scola. In Francia viene coccolato dai noir di Melville (Lo spione e il politico L’armata degli eroi), ma poi entra nel clan dei delusi piccolo borghesi di Sautet (Tre amici, le mogli e affettuosamente le altre), nei girotondi del destino di Lelouch e arriva lontano, perfino nel profondo Nord di Kaurismaki, nella Grecia di Anghelopulos. Niente lieto fine: la sua vita privata è devastata dal suicidio del figlio Stephan, che lo porta all’alcolismo da cui si riavrà trovando un nuovo sbocco artistico, la pittura, e con l’affetto di Noëlle Adam, la terza moglie che l’altra notte era accanto a lui e che aveva sposato nel marzo del 2003 dopo una convivenza di 31 anni, proprio una storia da cinema» (Maurizio Porro, "Corriere della Sera" 24/7/2004).