24 luglio 2004
Tags : Douglas. Hofstadter
Hofstadter Douglas
• Nato a New York (Stati Uniti) il 15 febbraio 1945. Fisico. «Suo padre, Robert Hofstadter [...] vinse il premio Nobel nel 1961 per le sue ricerche sulla struttura dei nucleoni (protoni e neutroni), poi sfociate nel modello dei "quark" [...] " sempre stato un piacere avere un padre che si interessava ai misteri della materia. Io adoravo sia lui, sia le cose che lui indagava: sono sempre rimasto affascinato dalle particelle, specialmente le più piccole. Quando ha vinto il premio Nobel mi sono sentito onorato anch´io, e ho accompagnato mio padre alla cerimonia, con mia madre e la mia sorella maggiore [...] Già a tre o quattro anni mi interessavo profondamente ai numeri, oltre che alle particelle. E ho preso una laurea in matematica a Stanford, prima di fare il dottorato in fisica [...] Il mio interesse per i problemi della mente è cominciato a dodici anni, quando ho iniziato lo studio della mia prima lingua straniera, il francese. Per me era un miracolo osservare il linguaggio e cercare di capire cosa facevo quando parlavo. Ho scoperto che usavo già inconsciamente in inglese le regole che stavo imparando consciamente per il francese [...] un giorno ho trovato in una libreria La prova di Gödel di Nagel e Newman. Non avevo idea di cosa fossero Gödel o il suo teorema, ma il titolo mi ha attratto. L´ho sfogliato, e ho visto che era molto interessante. Ricordo ancor oggi le virgolette che indicavano la distinzione fra uso e menzione, cioè appunto fra linguaggio e metalinguaggio. E´ allora che ho incominciato a interessarmi alla logica. Poi l´ho studiata quando ero a Stanford: da solo, perché i corsi non erano molto interessanti [...] Il mio interesse per la logica aveva molto a che vedere con il mio interesse per le lingue, con una curiosità particolare per il funzionamento della mente: come pensiamo, come creiamo, come percepiamo... [...] Nel 1966 mi sono effettivamente iscritto al dottorato in matematica a Berkeley, ma sono rimasto molto deluso: tutto quello che dovevo studiare (la topologia, l´algebra) era troppo difficile, troppo astratto. Mi sono arreso dopo un anno e mezzo, e sono passato a fisica perché volevo fare qualcosa che avesse ancora a che fare con la matematica. Ma volevo a tutti i costi evitare il contatto con quelli che oggi si chiamerebbero gli informatici, perché mi sentivo respinto dalla loro ’purezza’. Volevo stare fra gente più civilizzata, e i fisici li conoscevo fin dall´infanzia. Avevo l´impressione che i fisici fossero persone molto colte, e vivessero in un mondo raffinato: da un lato l´indagine del mondo, dall´altro la musica di Bach. I matematici erano troppo strani. Io volevo un contatto con esseri umani normali, non bizzarri. A me piacciono le persone semplici, la gente concreta". Quando ha cominciato a scrivere Gödel, Escher, Bach? "Nel 1972, e l´ho finito nel 1978. Ma ci ho lavorato a spizzichi, perchè ero ancora uno studente e il dottorato ’interferiva’. Poi, naturalmente, sono rimasto sorpreso dalla ricezione del pubblico. Il libro è un fenomeno molto più grande di me, e per molti è diventato quello che per me era stato il libro di Nagel e Newman [...] la cosa che a me interessa veramente è il pensiero umano, e non il computer. Anche se da adolescente ho fatto moltissimi esperimenti numerici sul computer: era il mio acceleratore, e le mie particelle erano i numeri. Ho indagato migliaia di sequenze ricorsive e ho fatto migliaia di scoperte, piccole e grandi. In quel senso il computer mi incantava, e mi domandavo sempre se il programma stava pensando mentre calcolava. Soprattutto quando ho fatto, nel 1964, un programma che creava frasi in diverse lingue, e che a volte ne produceva di veramente buffe: mi domandavo cosa bisognava aggiungergli per farlo pensare veramente"» (Piergiorgio Odifreddi, "la Repubblica" 24/7/2004).