Varie, 22 luglio 2004
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Barroso Jose
• Manuel Durao Lisbona (Portogallo) 23 marzo 1956. Politico. Presidente della Commissione Europea (dal 2004, confermato nel 2009). Ex premier del centrodestra portoghese • «’Un piacione europeo” lo ha definito Monica Frassoni, capogruppo verde» (Marco Marozzi, ”la Repubblica” 22/7/2004) • «Un mattino primaverile del 1974, l’allora capellone diciottenne José Manuel Durao Barroso fece irruzione all’Università di Lisbona. E a capo di un piccolo commando si portò via alcune suppellettili dallo studio del decano della facoltà di Legge. Fu un esproprio proletario. Ideologicamente giustificato dal pensiero maoista a cui l’irrequieto studente di diritto aderiva con ardore. ”Era tra i più estremisti e dovemmo ordinargli di restituire subito il maltolto”, ricorda Fernando Rojas, uno dei fondatori del Mrpp (il movimento maoista che contribuì quell’anno al successo della rivoluzione dei garofani, chiamato dai portoghesi Mr-pum-pum per le sue potenzialità eversive). La stessa fidanzatina, Margarida Sousa Uva (sposata poi nel 1980 e madre dei suoi tre figli), quando lo vide la prima volta lo giudicò un ”fanatico pericoloso”. La ragazza proveniva da una famiglia di proprietari terrieri, pilastri del salazarismo, era provvisoriamente confluita nelle file dell’estrema sinistra solo per sfuggire al grigiore di una dittatura imbalsamata. Barroso non depose il piglio barricadero neanche dopo la caduta del fascismo. Se prima aveva tramato contro il regime, dopo cominciò a scagliarsi da posizioni marxiste più radicali contro il comunismo filosovietico di Alvaro Cunhal che sosteneva il nuovo potere dei militari. Infiammava gli animi in comizi clandestini. Cambiava letto per precauzione ogni notte. Catturato per strada dalla polizia militare saltò giù dalla jeep e si dileguò, non prima di aver gridato ai soldati: ”Tanto, non avreste mai il coraggio di spararmi alle spalle”. Sì, proprio lui, il Barroso oggi ultraliberista che organizzò nel marzo 2003, pochi giorni prima dell’attacco a Saddam, il vertice alle Azzorre fra George Bush, Tony Blair e José Maria Aznar. Il premier [...] del governo più conservatore nella giovane democrazia del Portogallo. [...] Barroso è uno Zelig che tuttavia non rinnega alcunché del passato. ”Chi a 18 anni non è un estremista di sinistra è senza cuore. Chi continua a esserlo a 40 è senza cervello”, dice, citando Winston Churchill. Un mago nel conciliare posizioni opposte. Come si ricava anche dalle dichiarazioni rilasciate dopo la ratifica della sua candidatura al vertice delle istituzioni Ue. Un funambolico florilegio di compromessi che lo spinge a definirsi ”né di destra né di sinistra, concetti ormai superati, ma solo un onesto broker delle aspirazioni europee”. Ispirato dal saggio del filosofo polacco Leszek Kolakowski, gran teorico della ”fusion’ in politica: ”Come essere un conservator-liberal-socialista’. Più pragmatico che dottrinario. Un calcolatore coerentemente incoerente. ”Nessuno come lui passa il tempo a studiare i sondaggi e i profili psicologici degli amici e degli avversari”, dice Marcello Rebelo de Sousa, suo professore di diritto e suo predecessore vent’anni dopo alla guida del Psd (il partito socialdemocratico schierato in Portogallo a destra). Fulmineo nel farsi largo quando intravvede un varco che può accelerare la sua ascesa. Con la stessa abilità nelle manovre di corridoio con cui negli anni ”90 aveva scalzato Rebelo [...] ha strappato a sorpresa la massima investitura europea ad Antonio Vitorino, il connazionale socialista che molto più di lui si era speso per meritarla. [...] Barroso non esita a cambiare repentinamente rotta quando si accorge che rischia di andare fuori strada. A vent’anni, accorso a Londra al capezzale del padre (un insegnante conservatore) ammalato di cancro, cancella in un baleno i trascorsi maoisti. Si taglia i capelli e brucia tutte le foto che lo ritraggono in pose sovversive. Dopo la laurea si specializza in scienze politiche e si trasferisce con la fidanzata a Ginevra per uno stage. Dove entra in contatto con Francisco Sá Caneiro, guru del partito socialdemocratico. Nel 1980 si sposa e quando, tre mesi dopo, il suo mentore muore in un incidente aereo, si iscrive al Psd che andrà al governo cinque anni dopo. Il premier Anibal Cavaco Silva, un tecnocrate di destra, lo richiama immediatamente dagli Stati Uniti (dove era andato per un corso di specializzazione) e lo nomina sottosegretario a 29 anni. lui che porta la pace in Angola, diventando amico del presidente José Eduardo Dos Santos (da premier conservatore interverrà nel 2002 anche al matrimonio della figlia), mettendo a frutto la familiarità con il suo approccio marxista. Dopo la sconfitta socialdemocratica del ”95 torna in America e si lega ai circoli conservatori. Torna in Portogallo nel ”99 per assumere la presidenza del partito. E per riportarlo al potere nel 2002. Governa appoggiandosi a una formazione di estrema destra con una politica di lacrime e sangue. Gli elettori [...] lo bocciano. Ma c’è il salvagente Europa che lo riporta a galla. A Bruxelles lavora ininterrottamente dalle 8 di mattino alle 9 di sera. Unici svaghi: le partite di calcio in tv e qualche seratina nei locali di jazz. Nessuna ostentazione, semmai un po’ di autoironia. Quando i cartoonist lo rappresentano con la faccia di una cernia ricorda che, fra i pesci, è quello più intelligente. un uomo a una sola dimensione: politica. [...] aveva rotto con Pedro Santana Lopes, il leader studentesco di estrema destra con cui il maoista divideva la stanza in gioventù, e che si era poi ritrovato a fianco ai vertici del partito socialdemocratico. Lopes è un playboy conclamato. E ronzava anche intorno a sua moglie. Ma quando, al momento di fare le valigie per Bruxelles, gli è risultato chiaro che solo cedendo il timone a Lopes (sindaco di Lisbona) il partito non sarebbe andato a picco, si è affrettato a fare pace. Conciliatore. Anche nella vita privata» (Gianni Perrelli, ”L’Espresso” 11/11/2004) • «[...] nel suo primo mandato Barroso è stato uno specchio fedele della mediocrità di una Ue troppo allargata e troppo indecisionista. Ha incassato senza mai alzare la voce le bizze ricorrenti di questo o di quel Paese. Ha fatto poco per evitare che gli irlandesi dicessero ”no” al Trattato di Lisbona, e ha concesso troppo per fare in modo che si ravvedano e dicano ”sì” [...] Ha incassato la crescita de gli euroscetticismi della più varia natura usciti dalle urne europee. stato debole e tardivo nell’individuare quelle politiche (l’immigrazione, per esempio) nelle quali l’Europa potrebbe stabilire le sue regole senza dimenticare quelle dell’Onu. [...]» (Franco Venturini, ”Corriere della Sera” 17/9/2009).