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 2004  luglio 21 Mercoledì calendario

 una nave che può salpare per qualsiasi mare. Ma nessuno mai ci è salito per una crociera di piacere, al contrario quando un equipaggio sale a bordo ha un programma di lavoro così denso e fitto come potrebbe essere solo quello di un astronauta in esplorazione sulla Luna

 una nave che può salpare per qualsiasi mare. Ma nessuno mai ci è salito per una crociera di piacere, al contrario quando un equipaggio sale a bordo ha un programma di lavoro così denso e fitto come potrebbe essere solo quello di un astronauta in esplorazione sulla Luna. L’imbarcazione è l’Urania, la nave oceanografica gestita dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Ha un’autosufficienza di 45 giorni e può ospitare fino a 36 uomini tra personale scientifico ed equipaggio di bordo. Attualmente i comandanti sono due, che si alternano durante le ”campagne” scientifiche, così si chiamano le missioni italiane e internazionali che salpano per il mare e che si prefiggono di conoscere a fondo il Mediterraneo. Il comandante Vincenzo Lavadera Lubrano sta rientrando dall’ultima ricerca quando lo raggiungiamo al telefono. «Qual è il compito più difficile nella gestione di questo tipo di nave?» chiediamo. «Direi che ve ne sono diversi. Innanzitutto è molto importante far sì che si navighi sempre in modo da fornire massima sicurezza sia al personale di bordo che a quello scientifico. un lavoro che spesso diventa molto impegnativo, soprattutto durante le cattive condizioni meteorologiche. La nave è molto efficiente e sicura, ma bisogna sempre essere vigili per non commettere errori» spiega Lavadera Lubrano. «Ma non è l’unica difficoltà. Il comandante, infatti, deve essere un bravo coordinatore dei vari gruppi scientifici che salgono a bordo. Questi devono coesistere tra loro e a volte ci sono gruppi di ricerca che tendono a primeggiare su altri. Il comandante deve far sì che vi sia il giusto equilibrio per soddisfare le esigenze di tutti». Oltre che un uomo di mare, dunque, il comandante deve possedere anche ottime qualità psicologiche. L’Urania non è solo una nave che trasporta personale scientifico che fa osservazioni e rilevamenti, ma è un vero e proprio centro di ricerca galleggiante. L’imbarcazione, infatti, ospita laboratori per analisi, per campionamenti geologici, laboratori chimici e radiologici e consente l’elaborazione di dati di navigazione, geofisici e quelli acquisiti con il Rov (Remote Operated Vehicle), un veicolo subacqueo filoguidato dotato di una telecamera e di una macchina fotografica a colori che può immergersi fino a 200 metri di profondità. come se la nave avesse un occhio in grado di muoversi per proprio conto, anche se sotto il vigile controllo di un esperto di bordo. Ogni campagna viene pianificata nei minimi dettagli, perché ognuna di esse ha le sue esigenze e può richiedere strumenti più specifici di altri. Quando si esegue una missione geologica, ad esempio, diventa indispensabile la massima efficienza degli strumenti di campionamento, così come il sonar che rileva l’andamento del fondale e la struttura degli strati più superficiali. normale, poi, praticare carotaggi, ossia estrazioni di materiale dello strato roccioso, altre volte risulta interessante prelevare il materiale più superficiale, quando, ad esempio, è determinante capire se sul fondo si sono depositati materiali inquinanti. In tal caso risulta più utile l’uso delle ganasce di una benna o, ancora, può risultare conveniente trainare una draga (un grosso cestino metallico con un’imboccatura dentellata) per strappare e raccogliere frammenti di roccia. I campioni vengono direttamente lavati e setacciati a bordo dell’Urania e possono essere direttamente catalogati per i successivi esami da condurre a terra. «Difficile non sentirsi compartecipe del lavoro dei ricercatori di bordo. Durante ogni campagna si crea un vero ”gruppo”. Certo, a volte capitano anche cose buffe» spiega Lavadera Lubrano, che prosegue: «Proprio l’altra sera, ad esempio, è accaduto un episodio singolare. Durante la notte, per facilitare le ricerche, navigavamo con le luci interne ridotte al minimo e cercavamo di limitare il più possibile i rumori. Ebbene, una ricercatrice spagnola, che forse soffriva d’insonnia, si è portata al comando per scambiare quattro chiacchiere, ha bussato alla porta ed è entrata, ma era tutto così buio che non ha visto nessuno. Così è corsa sul ponte alla ricerca disperata di qualcuno dell’equipaggio al quale ha gridato: ”La nave sta navigando senza controllo!”. diventata la barzelletta del giorno dopo». Le missioni a cui ha partecipato l’Urania non si contano più. Fin da quando venne varata, ormai una dozzina di anni fa, l’Urania ha tracciato un quadro ambientale molto preciso del Mediterraneo. Già nel 1994 la nave si occupò dello studio degli idrocarburi che dal Po si riversano in Adriatico con conseguenze catastrofiche sulla vita marina. Nel 1995 prese parte al progetto ”Prisma” che analizzò lo stato di salute delle coste e delle acque dell’Adriatico. Urania fece prelievi e analisi per accertare le caratteristiche delle acque lungo la costa e in mare aperto. Poi vennero studiati i flussi delle sostanze che dalla terraferma ”migrano” in mare, i cicli geobiochimici delle acque e la risposta degli organismi agli inquinanti. Tre anni dopo fu la volta di una missione importante, la posa e il recupero della stazione oceanografica abissale Geostar, posizionata a 30 miglia dalla costa ravennate. La Geostar svolse per un mese, a titolo sperimentale, alcuni rilevamenti relativi alle correnti marine, ai campi magnetici e all’attività sismica. Il successo dell’esperimento ha poi avviato la fase operativa di Geostar nel 2000. Senza Urania sarebbe stato difficile posizionare quindici sensori subacquei tra le isole Eolie e Ustica, all’interno di un esperimento parallelo al progetto Geostar. I dati registrati tra i mille e i tremila metri di profondità vennero confrontati con quelli registrati da stazioni sismiche terrestri appositamente attivate nell’Italia meridionale e a Malta, per meglio comprendere come si propagano le onde sismiche. Nel 2001 è un geologo turco a far parlare di Urania quando, durante una missione della nave nel Mar di Marmara, Nilgun Okay, questo il nome del geologo, è giunto alla conclusione che quell’area è una vera bomba sismica che può scoppiare in qualsiasi momento con conseguenze imprevedibili. Okay ha fatto questa previsione dopo aver studiato a bordo dell’Urania il fondo del mare e aver constatato che buona parte dei fondali è costituita da profondi canyon, forse indici della presenza di faglie attive. «Prima del forte terremoto che nel 1999 ha scosso la regione del Mar di Marmara» ha spiegato il geologo, «era nota la linea della Faglia dell’Anatolia del Nord (che interessa il Mar Nero, il Mar di Marmara e la Tracia e si spinge verso ovest), ma, dopo quello sconvolgimento, nulla si sa con esattezza. Ora dopo i rilevamenti eseguiti con Urania posso sostenere che un forte terremoto scuoterà la regione del Mar di Marmara entro i prossimi trent’anni». Ma non ci sono mai momenti di paura a bordo della nave? «Paura mai, apprensione sì» dice Lavadera Lubrano. «L’ultimo qualche settimana fa, quando stavamo navigando con strumenti a rimorchio a circa 2.500 m di profondità. Questi stavano rilevando le caratteristiche del fondo attraverso il sonar. Improvvisamente il radar ha messo in luce la presenza di una vera montagna che si sollevava dal fondo del mare, le cui pareti salivano con un’inclinazione di 45 gradi. L’impatto con gli strumenti sembrava inevitabile. stato un attimo, la tensione è salita alle stelle. Si sa che nessuno vuole perdere strumenti del valore di decine di migliaia di euro. stato un susseguirsi di ordini, di ”avanti tutta!”, di ”recupera il cavo”, ma ce l’abbiamo fatta». L’anno scorso, grazie all’appoggio dato da Urania, è entrata in funzione nel Tirreno meridionale, a 3.400 m di profondità (a nord-ovest del vulcano sottomarino Marsili), Orion, la prima rete subacquea di osservazione multidisciplinare del mondo il cui compito sarà quello di registrare i terremoti, ma anche di raccogliere una serie di parametri utili per monitorare l’ambiente sottomarino. Sempre nel 2003, Urania ha partecipato alla missione che ha visto un centinaio di studiosi e ricercatori marini di otto Paesi studiare le abitudini e gli spostamenti di balene e delfini nel Santuario dei Cetacei, che comprende il tratto di Mar Tirreno compreso tra Toscana, Liguria, Sardegna e Costa Azzurra. Durante la campagna sono stati avvistati e catalogati 507 cetacei. Oltre a numerosi capodogli, balenottere comuni, tursiopi, globicefali e delfini striati, i ricercatori hanno avvistato anche due gruppi di delfini comuni, per i quali è stata effettuata la registrazione delle emissioni sonore. L’osservazione è stata definita di ”particolare importanza” in considerazione del fatto che le conoscenze sulla distribuzione geografica della specie nel Mediterraneo risultano scarse. Nel 2003 Urania ha avuto, inoltre, un ruolo fondamentale di protezione civile nel monitorare Stromboli, il vulcano che nel dicembre 2002 tenne in apprensione la popolazione dell’isola per la violenta attività esplosiva. Grazie alla nave il Gruppo Nazionale di Vulcanologia ha potuto osservare il progressivo rapido riempimento – 65.000 metri cubi al giorno – della grande nicchia di frana sommersa che aveva generato paura per aver prodotto un maremoto quando si era staccata dal versante. Ora la nave è di nuovo in mare, dopo una breve sosta per le verifiche di routine, e con il suo equipaggio di ricercatori e laureandi svelerà altri segreti del Mediterraneo, ma soprattutto ci permetterà di conoscere meglio il mare e di conseguenza proteggerlo. Mario Torre