Varie, 20 luglio 2004
FRANZONI
FRANZONI Annamaria San Benedetto Val di Sambro 23 agosto 1971. Condannata a 30 anni di carcere per l’assassinio del figlio Samuele (il famoso delitto di Cogne) • «Era una mattinata di sole quella del 30 gennaio 2002 a Cogne. Alle 8.28 Annamaria Franzoni aveva telefonato al 118 urlando che al figlio Samuele di 3 anni era esplosa la testa. Era la seconda telefonata che quella mattina arrivava alla guardia medica di Aosta da quello chalet in frazione Montroz. Alle 5.45 Stefania Neri, medico di guardia, era corsa fin lì per assistere Annamaria che diceva di sentirsi poco bene. Con quella seconda chiamata al centralino del 118 però era iniziato uno dei più complicati misteri della cronaca italiana. L´autopsia effettuata il giorno dopo aveva infatti accertato che il bimbo di Cogne era stato ucciso. I sospetti si erano addensati subito sulla madre ma la procura di Aosta dopo un rapido interrogatorio della donna aveva preferito affidarsi alle indagini scientifiche del Ris di Parma. Solo il 14 marzo il gip Fabrizio Gandini aveva emesso l´ordinanza di custodia cautelare che aveva permesso l´arresto di Annamaria Franzoni, nel frattempo trasferitasi nella casa paterna di Monte Acuto. Il 30 marzo il tribunale del riesame di Torino però aveva accolto le tesi dell´allora legale della donna, l´avvocato Carlo Federico Grosso e del suo consulente scientifico, professor Carlo Torre, e ordinato a sorpresa la scarcerazione dell´imputata. Il 10 giugno però la Cassazione aveva accettato il ricorso della procura di Aosta, annullando la decisione del tribunale di Torino e rimandando il caso davanti a un altro riesame che il 19 settembre aveva ritenuto validi gli indizi raccolti dall´accusa e ordinato una nuova carcerazione di Annamaria Franzoni. Ma la donna era rimasta libera in seguito ad un altro ricorso in Cassazione da parte del suo nuovo legale, l´avvocato Carlo Taormina, nominato a sorpresa dalla famiglia della donna nonostante in tivù avesse invocato il commissariamento della procura di Aosta per l´esitazione nell´arrestare la madre di Samuele. "Lucida assassina" avevano scritto i giudici del riesame, citando la la perizia psichiatrica commissionata dal gip Gandini che aveva definito Annamaria completamente sana di mente. Il 31 gennaio 2003 i giudici della Cassazione avevano ancora ritenuto sussistenti i gravi indizi a carico della donna ma avevano demandato la questione della sua carcerazione a un terzo tribunale del riesame. Taormina però aveva fatto ricorso direttamente a Gandini chiedendo a lui la scarcerazione e il gip, con un´acrobazia giuridica, aveva ordinato un accertamento psichiatrico urgente per stabilire la pericolosità dell´imputata finendo poi per ordinarne la scarcerazione il 10 febbraio. Il 3 luglio 2003 la procura di Aosta aveva chiuso le indagini chiedendo il rinvio a giudizio di Annamaria Franzoni per omicidio volontario. Il 16 settembre il gup Eugenio Gramola aveva disposto una perizia sull´analisi delle tracce di sangue che doveva mettere a tacere le polemiche. Il 26 aprile lo scontro tra periti si era concluso con la vittoria delle tesi dell´accusa: l´assassino indossava almeno i pantaloni del pigiama. L´incidente probatorio era proseguito il 28 giugno con un nuovo confronto tra periti» (Meo Ponte, "la Repubblica" 20/7/2004). «Il vero reality show della tv italiana è stato l’omicidio del piccolo Samuele. Per due anni è andato in onda su molte reti, ha mobilitato noti conduttori, ha coinvolto schiere di esperti, di innocentisti e di colpevolisti, ha sperimentato nuove strategie difensive. Ha offerto sensazionali colpi di scena, come l’annuncio in diretta della nuova maternità di Annamaria Franzoni, ha persino emesso, in una famosa puntata del Costanzo Show, un verdetto di assoluzione. Non così il tribunale di Aosta [...] Tutto comincia la mattina del 30 gennaio 2002, in una villetta di Montroz, in Val d’Aosta. Per giorni e giorni i tg aprono con la notizia del bambino di tre anni assassinato nel suo letto e Cogne si trasforma presto in un set televisivo: parabole, telecamere, microfoni, cronisti ma anche dicerie, pettegolezzi, sussurri. Sembra la scena di un film, qualcosa a metà tra L’asso nella manica e il Truman show tanto che il sindaco Osvaldo Ruffier vorrebbe smantellare quell’improvvisato teatro di posa: "Basta citarci come il paese del delitto, è tempo di turismo!". Già perché, intanto, l’unica indagata è proprio la mamma di Samuele e l’idea che una madre abbia potuto uccidere il proprio figlioletto è così aberrante che quelle immagini si imprimono nella memoria di tutti: la villetta isolata, i carabinieri che entrano ed escono dalla casa, i giocattoli abbandonati nel cortile, gli zoccoli, il pigiama. La prima parte del reality vede sotto accusa gli organi di informazione: i giornalisti sono incolpati di essere invadenti e morbosi, e le trasmissioni tv bollate come "forcaiole". L’allora ministro Umberto Bossi parla addirittura di "campagna di tv e giornali contro la madre di Samuele, fatta da chi vuole distruggere la famiglia". Poi la svolta: l’avvocato difensore Carlo Federico Grosso viene "nominato" ed esce dalla Casa (anzi, dal caso); al suo posto una new entry, l’avvocato Carlo Taormina. E qui il reality subisce una clamorosa svolta, così sintetizzabile: fronteggiare un’opinione pubblica colpevolista. Così l’imputata viene trasformata in personaggio tv e la disperazione che sta alla base di simili scelte diventa esca per accendere i fuochi dei talk show : Porta a porta allestisce una piccola compagnia di giro, da Grand- Guignol, guidata dallo psichiatra Paolo Crepet e dal criminologo Francesco Bruno, e serializza l’evento con tanto di modellino in studio. Due i coup de théâtre che pongono il sigillo su questa inedita condotta giuridico-mediatica: nel marzo del 2002 la Franzoni si concede prima alle telecamere di Studio aperto (piange con disperazione) e poi, quattro mesi dopo, a quelle del Costanzo show. La madre del piccolo Samuele, guardando in macchina, si rivolge direttamente all’ignoto assassino: "Tu che l’hai fatto devi dire che sei stato tu...". La trasmissione decide che la Franzoni è innocente: "Se recita, recita così bene che la voglio scritturare", dichiara il conduttore. Da un punto di vista mediatico, la Franzoni viene dunque assolta. vero che in cambio deve dare una notizia in esclusiva (l’annuncio di una nuova maternità), concedersi alla morbosità del pubblico, mettere in mostra angoscia e orrore, "recitare la parte" ma questo fa parte del gioco, del reality appunto. La tv e le aule di tribunale obbediscono a logiche differenti: la prima funziona per personaggi e non per concetti astratti, la seconda con il codice in mano. Il rischio è che alcuni media favoriscano l’attacco dell’emozione alla giustizia, reintroducano nel cuore del nostro individualismo metodi tribali. Intanto Taormina promette una nuova edizione del reality: dirà il nome del colpevole» (Aldo Grasso, "Corriere della Sera" 20/7/2004).