L’Indipendente 11/7/2004, 11 luglio 2004
amore e guerra Se nella letteratura ufficiale il re «non dorme mai» e si preoccupa «giorno e notte» del benessere della nazione, altri testi lo descrivono in atteggiamenti più umani: cerca passatempi per vincere la noia, scruta il futuro o cerca formule per allungare la propria vita; stando al racconto del re Neferkara e del generale Sisene (VI dinastia), si dedicava persino all’amore omosessuale
amore e guerra Se nella letteratura ufficiale il re «non dorme mai» e si preoccupa «giorno e notte» del benessere della nazione, altri testi lo descrivono in atteggiamenti più umani: cerca passatempi per vincere la noia, scruta il futuro o cerca formule per allungare la propria vita; stando al racconto del re Neferkara e del generale Sisene (VI dinastia), si dedicava persino all’amore omosessuale. A proposito: «Molte delle campagne militari tramandate non esprimono una reale necessità politica o economica, ma solo uno ”sconfiggere il nemico” puramente rituale; il faraone infatti, dal momento stesso in cui prendeva il potere, doveva immediatamente affermarsi come trionfatore dei nemici» (Hornung). I testi lo esaltano definendolo «efficace come milioni di soldati» o «muro per il suo esercito» e celebrano esclusivamente le sue gesta, i nomi dei generali e degli ufficiali non vengono mai citati. Secondo l’ideologia reale, il faraone non conduce guerre di aggressione e di conquista, ma è costretto a reagire alle provocazioni e alle ribellioni dei suoi nemici. Insomma, non c’era Maat che tenesse. Il faraone, Signore della guerra e dei monumenti, ci teneva eccome a distinguersi dal resto dell’umanità, rifacendosi alla sua natura divina. Ecco il perché del simbolo più famoso dell’Egitto: la piramide, il sepolcro esclusivo del re e della sua consorte. Senza mai dimenticare, come osserva Ricardo Caminos, che «le piramidi di Giza, le syringae tebane, le statue colossali, gli obelischi ed i templi imponenti che stupirono i visitatori greci e romani, così come stupiscono oggi i moderni turisti, i gioielli finemente lavorati, i lini raffinati, la suppellettile e gli utensili di ogni tipo, oggi sparsi tra le collezioni di tutto il mondo, il benessere domestico della classe superiore della popolazione, le conquiste militari, l’espansione commerciale, l’influenza e il prestigio all’estero, in una parola, tutta l’eredità lasciata all’umanità dall’Egitto, hanno alla base il sudore della fronte del contadino». Il contadino e il faraone, dunque, asse portante di tutta la civiltà egiziana. Certo senza trascurare l’artigiano e lo scriba, il soldato e il sacerdote, il funzionario e lo schiavo. Ma è sull’uomo che coltivava la terra e sull’unico e indiscusso capo che resse un equlibrio fragile eppure capace di durare tremila anni. Marco Burini