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 2004  luglio 11 Domenica calendario

in nome della maat Negli acquitrini melmosi circostanti il Nilo si consumavano così le esistenze dei contadini

in nome della maat Negli acquitrini melmosi circostanti il Nilo si consumavano così le esistenze dei contadini. Ma le paludi erano frequentate anche dai ”vip”. Ci si poteva imbattere, infatti, in qualche notabile e persino nel faraone stesso. Costoro praticavano caccia e pesca per sport, mentre i contadini lo facevano per rimpinguare in qualche modo la magra dieta quotidiana. Gli uni e gli altri, in ogni caso, rientravano nell’immutabile ordine cosmico della Maat, il principio dell’armonia nella natura e nella società. Un’armonia che in Egitto, nonostante episodiche catastrofi naturali, non fu mai veramente messa in discussione. «Lo Stato è il faraone. Egli ha inserito i suoi monumenti nella natura e l’ha resa produttiva senza farle violenza. Anche le piramidi ne fanno parte. Natura e Stato poggiano entrambe sulla Maat, cui sono vincolati tutti gli strati sociali, compreso il re. Su di essa si fondano giustizia e verità, e ogni forma di vita cosmica e sociale. Il faraone sottolinea sempre che anche lui, come gli dei, ”vive di Maat ”, è cioè vincolato a tale principio; questa concezione viene espressa anche iconograficamente attraverso la scena dell’’offerta di Maat ”: il re porge agli dei una piccola figura di Maat, in forma di dea accovacciata e ornata sul capo dal simbolo della piuma. In ambito sociale, il principio di Maat impedisce che il debole subisca ingiustizie, garantendogli un equo trattamento. Compito del re è di far valere tale principio sulle forze avverse e sul naturale ”diritto del più forte”» (E. Hornung). Nei suoi risvolti concreti, invece, l’amministrazione egiziana era caratterizzata da: assenza di metalli che circolassero come denaro; assenza di bestiame o terra di proprietà del popolo; uguaglianza generalizzata fondata sulla comune schiavitù rispetto al faraone. Al culmine della piramide sociale, infatti, stava il re: «Più vicino agli dei, appartiene di fatto al loro mondo e non è da essi separabile. In casi particolari egli si presenta agli uomini come un dio, oggetto dunque di venerazione culturale. Ma in primo luogo è lui stesso amministratore del culto e rappresentante dell’umanità di fronte agli dei» (Hornung). Anche nei periodi più bui, come durante la dominazione degli hyksos o dei persiani, la sacralità della sua figura non venne mai meno. I diversi appellativi divini ne descrivono il ruolo: come sostentatore della nazione è per gli uomini un Hapi (l’inondazione del Nilo), quale padre del paese è un Khnum (che forma gli uomini sulla ruota del vasaio), nella sua collera è la terribile Sekhmet, nell’indulgenza è la pacifica Bastet, mentre in battaglia diventa Montu, il dio della guerra. La simbologia animale ha lo stesso significato: il faraone è leone, toro e falco; più tardi verrà raffigurato come una figura ibrida, la sfinge e il grifone (che unisce la natura del leone e del falco). In Egitto, il toro non rappresenta solo la fertilità, ma soprattutto la sovranità. La figura del falco è quella che ha più successo (nelle prime dinastie il faraone è il falco Horo), mentre la divinità con cui si identifica maggiormente è Ra, dio del sole.