L’Indipendente 4/7/2004, 4 luglio 2004
Non scrivo per caso personale, ma per esperienza personale. Ripensando all’ultima campagna elettorale nella chiave di questa rubrica mi sono accorto che quest’ultima, come e più delle altre in regime di par condicio, passerà alla storia come una competizione democratica quasi del tutto priva di testimonianze televisive
Non scrivo per caso personale, ma per esperienza personale. Ripensando all’ultima campagna elettorale nella chiave di questa rubrica mi sono accorto che quest’ultima, come e più delle altre in regime di par condicio, passerà alla storia come una competizione democratica quasi del tutto priva di testimonianze televisive. Spot, perlopiù dozzinali, solo sulle tv locali, tribune elettorali limitate al minimo e in orari clandestini, trasmissioni di approfondimento poche sulla RAI e assenti in Mediaset. E per il resto carta, tanta carta. Manifesti orribili, anni ’50, a imbrattare le città, volantini e ”santini”, così li chiamano, accumulati sui marciapiedi e sulle strade. E poi strette di mano nei mercati, propaganda porta a porta, ritorno alla ribalta dei signori delle preferenze. Tutto questo nel 2004, era di internet e della telefonia mobile! Forse resteranno nella memoria gli sms della Presidenza del Consiglio, ma che conseguenze ne trarranno gli storici, abituati a insegnare che già Kennedy battè Nixon perché indossava in tv la camicia azzurra anziché bianca? Che, a causa della sua irriducibile diversità, l’Italia pazza per il Grande Fratello aveva inventato per la politica l’era della post-televisione. Un salto carpiato indietro nella preistoria.