Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  luglio 12 Lunedì calendario

TENET George. «Gli amici di famiglia raccontano che George, quando aiutava i genitori nel loro ristorante al Queens, era un ragazzino chiacchierone: "Proprio non sapeva come tenere un segreto"

TENET George. «Gli amici di famiglia raccontano che George, quando aiutava i genitori nel loro ristorante al Queens, era un ragazzino chiacchierone: "Proprio non sapeva come tenere un segreto". Da allora in poi l’ex capo della Cia ha imparato che "nella bocca chiusa non entrano le mosche", come diceva Cervantes, e il futuro del presidente Bush potrebbe dipendere proprio dalla sua capacità e volontà di conservare il silenzio del soldato leale. George Tenet, che ieri ha smesso ufficialmente di guidare i servizi segreti americani, è nato il 5 gennaio del 1953 a New York, da genitori greci appena immigrati. Il quartiere Flushing del Queens, allora come oggi, era la destinazione ovvia per gente così. Per realizzare il sogno americano papà e mamma avevano aperto un ristorantino, lo Scobee Diner sul Northern Boulevard, dove nel tempo libero lavoravano George e il fratello gemello William. La speranza vera, però, era quella di mandare i figli a scuola e integrarli davvero nella società degli Stati Uniti. All’inizio Tenet aveva frequentato gli istituti pubblici del Queens e la Benjamin Cardozo High School di Bayside, imparando a vivere, oltre che a leggere e scrivere. Ma siccome era in gamba era riuscito a farsi accettare dalla Georgetown University, la prestigiosa università gestita dai gesuiti a Washington, dove si era laureato anche il futuro presidente Clinton. Lì aveva imparato ad amare il basket, sua grande passione sportiva, e la politica estera. L’aveva studiata così bene da meritarsi l’iscrizione a un master della School of International Affairs alla Columbia University, la stessa dove aveva studiato il primo segretario di Stato donna nella storia degli Usa, Madeleine Albright. Con queste credenziali in tasca, George si era avviato a realizzare sul serio il sogno americano dei genitori, tornando a Washington nel 1982 per lavorare come assistente del senatore repubblicano John Heinz, marito defunto di Teresa Heinz, attuale moglie del candidato presidenziale democratico Kerry. L’abilità principale di Tenet era quella di riuscire a collaborare con tutti, senza caricarsi di bagagli politici, e la dimostrazione era venuta tre anni dopo, quando il senatore democratico Leahy lo aveva fatto entrare nello staff della Commissione Intelligence della Camera alta. Da allora in poi George aveva continuato a salire, diventando direttore della Cammissione, responsabile dell’intelligence nella squadra per la transizione dall’amministrazione di Bush padre a quella di Clinton, assistente del presidente, e capo dei programmi di intelligence nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Intanto aveva trovato anche il tempo per sposarsi, con la scrittrice di origini greche Stephanie Glakas, e avere un figlio, John Michael. Nel 1995 Clinton lo aveva nominato vice capo della Cia, e l’anno successivo era diventato il reggente dell’agenzia, dopo le dimissioni di John Deutch. Il presidente aveva scelto il proprio consigliere Tony Lake come nuovo direttore, ma quando il Congresso aveva bloccato la sua nomina, si era accorto di avere in casa la soluzione a tutti i problemi: Tenet. L’11 luglio 1997 George aveva giurato come capo di una struttura che comprende 15 agenzie diverse e ha un bilancio da 40 miliardi di dollari all’anno. Aveva 44 anni, era il secondo direttore più giovane nella storia della Cia, e probabilmente non si sognava neppure che sarebbe diventato quello rimasto in servizio più a lungo, dopo il leggendario Allen Dulles. La Central Intelligence Agency che aveva ereditato Tenet era quasi una struttura allo sbando. Dalla fine della guerra fredda in poi aveva visto diminuire i fondi e gli uomini, e negli ultimi sei anni aveva avuto cinque capi diversi, usciti di scena in maniera più o meno ingloriosa, senza risollevare il morale della "Company". Il primo anno non era andato alla grande, visto che la Cia non si era accorta delle bombe atomiche fatte esplodere da India e Pakistan. Poi era venuto pure l’imbarazzo dell’ambasciata cinese a Belgrado, bombardata per errore durante l’intervento in Kosovo. Ma Tenet, masticando i sigari che non può fumare per problemi di cuore, si era rimboccato le maniche, aveva aumentato i finanziamenti, e col suo stile da ragazzo di strada del Queens aveva conquistato la fiducia delle spie. L’abilità di lavorare per tutti si era confermata nel 2000, quando Bush aveva confermato George alla guida della Cia, unico sopravvissuto dell’amministrazione Clinton. Anzi, le sue maniere dirette gli avevano conquistato un posto privilegiato nel cuore del presidente, che aveva deciso di vedere Tenet ogni mattina per ricevere da lui il rapporto quotidiano sull’intelligence. George era sopravvissuto anche allo smacco dell’11 settembre perchè in realtà, secondo i suoi amici e secondo il famoso Presidential Daily Briefing del 6 agosto 2001, aveva avvertito che Osama si preparava a colpire gli Usa. Aveva poi svolto un ruolo centrale nella guerra in Afghanistan, gestendo le operazioni delle forze speciali che in pratica l’avevano vinta. I suoi agenti lo amavano, per l’orgoglio che aveva restituito alla Cia, ma i suoi critici lo attaccavano, perchè curava i rapporti politici con Bush più della gestione dei servizi segreti, ancora troppo indietro nel rilancio dell’intelligence umana rispetto a quella tecnologica. La resa dei conti è arrivata con l’Iraq. Ricordando l’amore per il basket, Tenet aveva detto al presidente che provare l’esistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam sarebbe stata una "slam dunk", una schiacciata alla Shaquille O’Neal. Poi non aveva controllato il discorso sullo Stato dell’Unione del gennaio 2003 - oppure non ha avuto il coraggio di correggerlo - e si è dovuto prendere la colpa per le sedici parole che accusavano l’ex Raiss di aver provato a comprare materiali nucleari in Africa. Infine, il 5 febbraio, si è presentato all’Onu come garanzia delle denunce lanciate dal segretario di Stato Powell, che poi gliene ha chiesto conto. Quando alla fine della guerra le armi non sono state trovate, Tenet ha capito che qualcuno doveva pagare. Quindi, da buon soldato leale, ha presentato le dimissioni, prima del devastante rapporto della Commissione Intelligence del Senato, che venerdì ha rovesciato su di lui tutte le colpe. Ma chi si aspetta che ora si vendichi, magari rivelando pressioni indebite della Casa Bianca per gonfiare le accuse a Saddam, non conosce bene l’ex ragazzino chiacchierone del Queens. Salutando i suoi agenti, Tenet ha citato questa frase di Teddy Roosevelt: "Alla fine il merito compete a chi sta sul serio nell’arena, con la faccia sporca di polvere, sudore e sangue. La Cia, gli uomini e le donne di questa agenzia sono nati nell’arena, e ci resteremo"» (Paolo Mastrolilli, "La Stampa" 12/7/2004).