Franco Cimmino, ཿVita quotidiana degli Egizi, Rusconi Libri, 1994., 12 luglio 2004
Il faraone era il solo detentore del potere legislativo e di quello giuridico. Ad applicare la legge erano i funzionari, che aveva il compito di giudicare i fatti
Il faraone era il solo detentore del potere legislativo e di quello giuridico. Ad applicare la legge erano i funzionari, che aveva il compito di giudicare i fatti. I doveri di un giudice: ascoltare con pazienza i contendenti, resistere alle pressioni, rifiutare doni, evitare la severità per eccesso di zelo, controllare che i delegati agiscano secondo giustizia, essere il più distaccato possibile. Il giudizio, per il quale non era previsto il ricorso in appello, era subito esecutivo e gli atti erano conservati nell’archivio del giudice. Quando erano lesi gli interessi dello stato (concussione, sovversione, regicidio, furto di arredi sacri, vilipendio del faraone, profanazione delle tombe e delle mummie reali) intervenivano commissioni d’inchiesta e tribunali straordinari. Per i delitti comuni erano previste le pene di: condanna a morte (in caso di ribellione e adulterio femminile, ma era comminata di rado), taglio del naso, delle orecchie e deportazione (omicidio, rapina e colpe gravi), bastonatura (molto frequente, per furti, abusi amministrativi, calunnie). Nelle pene gravi era previsto anche il lavoro forzato nelle miniere e nei territori di confine. Le prigioni servivano solo per ospitare chi era in attesa di giudizio penale e gli schiavi stranieri fuggiti e catturati di nuovo. La tortura (bastonatura e torsione delle mani o dei piedi) poteva essere applicata anche ai testimoni. Una delle pene più temute era la maledizione del nome: gli Egizi credevano infatti che il nome fosse espressione dell’essenza stessa di un individuo e che quindi la sua cancellazione ne facesse sparire per sempre la personalità e lo condannasse a una vita terribile nell’oltretomba.