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 2004  luglio 04 Domenica calendario

Come poteva il Corriere della Sera farsi spazio tra tutte queste testate? I presupposti per una destra moderata si crearono alla fine del 1875

Come poteva il Corriere della Sera farsi spazio tra tutte queste testate? I presupposti per una destra moderata si crearono alla fine del 1875. La destra aveva i giorni contati. In quindici anni di gestione del potere, la questione meridionale era irrisolta, il brigantaggio incalzava, la classe politica era senza ricambio. Si preparava l’epoca del trasformismo. Vittorio Emanuele II non temeva la sinistra al governo e accennava di rompere gli indugi. L’avvicendamento veniva accolto come una opportunità a patto che non sconvolgesse l’ordine costituito. La linea politica moderata di Torelli-Viollier era adatta per affrontare la situazione. Nel giro di pochi mesi il direttore de La Lombardia trovò tre soci disposti a investire in un progetto che desse voce alla destra liberale. Il deputato Riccardo Pavesi, classe 1849, avvocato lodigiano di agiata famiglia, neoproprietario de La Lombardia, fu il primo. Uscì subito ma fu lui a trovare gli altri due finanziatori, Riccardo Bonetti e Pio Morbio,entrambi avvocati. entrambi avvocati. Bonetti entrò nel progetto solo per dare una mano a Pavesi. Morbio, novarese, figlio dello storico e archeologo Carlo, lascerà invece traccia di sé. Nel febbraio del 1876 i quattro si misero all’opera. Il capitale necessario alla partenza era di 100 mila lire. I proventi dovevano venire dalle vendite, perché la pubblicità giocava un ruolo marginale. Fu escluso il ricorso al fondo ministeriale per la stampa, detto dei rettili. Invece della somma stabilità si riuscì a mettere insieme 30 mila lire. Torelli Viollier non diede un centesimo. Per il nome il campo era libero. C’era già stato un Corriere della Sera a Torino, dieci anni prima, ma non era durato molto. Torelli Viollier aveva il titolo di direttore e non firmava il giornale. In quel periodo la responsabilità delle testate, incombenza che poteva portare facilmente in carcere, era affidata a un gerente, un uomo di paglia disposto a sacrificarsi. La scelta cadde sull’oscuro Fortunato Gervasio. Forse uno dei finanziatori, Pio Morbio, non fu reclutato da Pavesi ma da Torelli Viollier stesso. Il direttore aveva sposato una ex istitutrice di Novara, città da cui proveniva Morbio. Si chiamava Maria Antonietta Torriani, era famosa come scrittrice e per la sua bellezza. Con lo pseudonimo di Marchesa Colombi firmò una cinquantina di romanzi, tutti con intenti educativi. Croce scrisse che «qualche volta riuscì semplice e commovente». Intraprendente, forte e disinvolta fu trattata con ostilità dalla cognata, Luisa Torelli, che non aveva simpatia per le donne emancipate. Ne fece le spese il sistema nervoso della moglie del direttore. La donna sospettava una simpatia tra il marito e una giovane nipote in vacanza a Milano e scoppiò una scenata di gelosia. Per la vergogna la ragazzina si buttò dalla finestra. Due anni dopo l’uscita del primo numero, nel 1878, Torelli Viollier si separò dalla moglie. Per qualche mese andò a stare da solo, con un cane, nella villa Passalacqua di Montrasio, sul lago di Como. Non avrà più alcuna compagna. Un altro suicidio segnò gli esordi del Corriere della Sera. La sede scelta doveva essere di prestigio anche se di dimensioni ridotte vista la scarsità di mezzi economici. Fu scelto un ammezzato in Galleria Vittorio Emanuele, due passi dal Duomo. Il nuovo giornale fece in tempo a intervenire nella polemica tra l’architetto Giuseppe Mengoni, progettista della galleria che sosteneva la necessità di variare il piano originale dell’arco, e coloro che criticavano le modifiche considerandole fronzoli inutili. Mentre poneva l’ultimo fregio, Mengoni, il 30 dicembre 1877, cadde dalla cima dell’arco. Molti ritengono si sia suicidato. Torrelli Viollier ottenne che sulla targa che lo ricordava venissero menzionate le circostanze della morte. Fu la prima battaglia vinta dal Corriere della Sera.