Andrea Lombardinilo, ཿIl Messaggero 21/8/2003; Luciano Bianciardi, Un volo e una canzone, 21 agosto 2003
Il coup de foudre tra Gabriele D’Annunzio e Natalia de Goloubeff, ex ballerina russa, da lui detta «muliercula caucasea», «matta della più nera mattezza slava», scoccò la sera dell’8 marzo del 1908 a Roma, alla prima rappresentazione de La Nave ed ebbe immediato seguito
Il coup de foudre tra Gabriele D’Annunzio e Natalia de Goloubeff, ex ballerina russa, da lui detta «muliercula caucasea», «matta della più nera mattezza slava», scoccò la sera dell’8 marzo del 1908 a Roma, alla prima rappresentazione de La Nave ed ebbe immediato seguito. Nove giorni dopo lei ricevette la prima missiva ardente (l’epistolario, 325 lettere, finora inedito); a novembre aveva pieno accesso alla Capponcina. Lui le scriveva: «Dall’ora in cui posi i miei suggelli su le tue mani, su i tuoi piedi, su i tuoi ginocchi, mi sembra d’aver perduta la metà del mio cuore [...] Son qui malato di te, nella casa lugubre dove ancóra si sveglia a quando a quando il tuo odore meraviglioso dandomi un gran sussulto di voluttà e strazio [...] Dove sei? Dormi nell’orrendo rumore del treno? [...]». La relazione durò otto anni: le lettere «alate» finirono dopo il primo, la felicità dopo il secondo. La crepa cominciò con trasferimento di D’Annunzio ad Arcachon, Francia (lui lo chiamava «il volontario esilio», ma in realtà era una fuga dai creditori): vivevano nella stessa casa, vicinanza che lo esasperava («questa nostra vita solitaria, che talvolta par monotona e greve», scriveva lui nel settembre del 1912). Nell’ultimo periodo, contrasti e brevi tragedie (all’ennesima licenza erotica di lui, lei tentò il suicidio). La passione reciproca fu sostituita da quella per i cani, allevati con attenzioni maniacali e spese esorbitanti. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, D’Annunzio ebbe l’occasione per un maestoso rientro in Italia e la scusa per chiudere la relazione: «Ho dovuto occuparmi dei preparativi di guerra. Sono ormai pronto. E l’uniforme di lanciere bianco mi ringiovanisce (poté indossarla grazie a una disposizione speciale che sorvolava sulla sua statura, 164 centimetri, scarpe incluse, ndr). Ma non ne profitto. Il mio cuore è già al fronte, e non posso sopportare le solite oche», fu la sua ultima lettera, il 4 luglio 1915, da Roma.