Varie, 20 marzo 2003
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Moss Stirling
• Londra (Gran Bretagna) 17 settembre 1929. Ex campione d’automobilismo, non ha mai vinto un Mondiale ma è considerato uno dei più grandi piloti britannici con Clark, Hill e Stewart. Figlio d’arte, il padre corse a Indianapolis e la madre vinse il Ladies Expert Trial, cominciò con una F. 3 a 18 anni. L’esordio in F. 1 nel 1951 con la HWM. In totale ha corso 66 GP con 16 vittorie su Mercedes, Maserati, Vanwall, Cooper e Climax. Nel Mondiale è stato quattro volte secondo dal 1955 al 1958. Grande anche nelle gare Sport, ha vinto la Mille Miglia del 1955 passando alla storia per aver ottenuto la media più alta di sempre: 157,65 orari. Chiuse la sua carriera il 23 aprile 1962 a Goodwood: nel tentativo di superare Graham Hill finì prima contro una banchina di terra, poi in un fosso e andò in coma: inutile un anno dopo il tentativo di tornare alle corse. «Ha compiuto imprese al limite dell’impossibile. Come quella di vincere una Mille Miglia, sulle strade dell’Italia del 1955, alla straordinaria media di 157,65 orari. Un funambolo della guida. Fortissimo con ogni mezzo che avesse quattro ruote. Enzo Ferrari stravedeva per lui anche se era un avversario. Gli piacevano il coraggio, l’inarrendevolezza, la generosità di quel pilota inglese tutto nervi che sapeva esaltare le folle. Quando Mike Hawthorn, con la Ferrari, conquistò il titolo iridato del 1958 battendolo di un solo punto, alla premiazione di fine anno invitò a Maranello anche lui, per attribuirgli una medaglia piena di significati. Moss ha vinto con la Ferrari tantissime gare Granturismo. Ed avrebbe, finalmente, dovuto correre in F. 1 nel 1962 con una monoposto di Maranello, seppure dipinta di blu, con i colori della Rob Walker Racing. Ma il sogno venne infranto dal terribile incidente di Goodwood, chechiuse la sua carriera. Da allora ha continuato a vivere nell’ambiente come uomo immagine della Mercedes, come commentatore tv, radio e quant’altro. Una persona serena, viva, attenta a quanto avviene sulle piste, ben distante dall’immagine intristita di tanti ex che criticano senza più divertirsi» (Pino Allievi, “La Gazzetta dello Sport” 19/3/2003).