Alberto Albanese, ཿLa Stampa 10/08/1994, 10 agosto 1994
Una visione neoclassica della scienza. «Com’è noto, durante il Medioevo e fino a tutto il Cinquecento si è ritenuto che esistesse una separazione sostanziale tra l’uomo e il regno animale
Una visione neoclassica della scienza. «Com’è noto, durante il Medioevo e fino a tutto il Cinquecento si è ritenuto che esistesse una separazione sostanziale tra l’uomo e il regno animale. Tale impostazione era basata sulla dottrina aristotelica, che separava l’uomo (dotato di anima) dagli esseri animali, privi di questà qualità e denominati perciò, in latino tardo, bruti. Si riteneva che il cervello fosse la sede delle cinque qualità aristoteliche e si discuteva sulla possibile localizzazione di ciascuna di esse. Su questa base, perciò, non vi era ragione di estrapolare all’uomo le osservazioni effettuate sugli animali. Nel Seicento, il secolo delle grandi rivoluzioni scientifiche, l’impostazione scolastica è stata confutata da Copernico nel campo dell’Astronomia, da Galileo nel campo della fisica e da Willis nel campo delle neuroscienze. Il De anima brutorum di Willis fu pubblicato nel 1672. Willis osservò in sostanza che il cervello dell’uomo non è formalmente diverso da quello di un montone e di altri mammiferi» (Albanese).