Alessandra Comazzi, "Schermi. Le immagini del cinema, della televisione e del computer", Utet, 1999, 28 aprile 1999
«Nel giugno dell’81, durante la più lunga diretta della storia della televisione italiana, diciotto ore consecutive, trenta milioni di telespettatori seguirono l’agonia e la morte di un bambino di nove anni, Alfredo Rampi, che a Vermicino, piccolo centro vicino a Roma, era caduto in un pozzo fangoso, profondissimo e largo soltanto 28 centimetri
«Nel giugno dell’81, durante la più lunga diretta della storia della televisione italiana, diciotto ore consecutive, trenta milioni di telespettatori seguirono l’agonia e la morte di un bambino di nove anni, Alfredo Rampi, che a Vermicino, piccolo centro vicino a Roma, era caduto in un pozzo fangoso, profondissimo e largo soltanto 28 centimetri. I ripetuti tentativi di salvarlo, l’intervento dei vigili del fuoco, degli speleologi, dei volontari, l’arrivo del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il progressivo affievolirsi e il definitivo spegnersi della voce del bambino tennero incollati al piccolo schermo l’intero Paese (una media di 12 milioni di telespettatori dalle 14 alle 19.45; una media di 28 milioni dalle 19.45 a mezzanotte). Fu cronaca o speculazione? La tragedia si trasformò in spettacolo della tragedia e Furio Colombo lo definì ”il gioco dell’orrore”. Sta di fatto che, nelle lunghissime ore di diretta, quello e soltanto quell’episodio ”esisteva”, in quanto rappresentato e minuziosamente ripreso dalla televisione. Sempre nel giugno dello stesso anno, quasi in contemporanea con la vicenda terribile di Alfredo, altri due bambini, in Sicilia, morirono per essere caduti in un pozzo. Ma la televisione là non era arrivata, e quei due episodi altrettanto drammatici ebbero un rilievo di cronaca prettamente locale».