Adriano Sofri, "Piccola posta", Sellerio 1999, 10 giugno 1999
«Ogni tanto, nelle grandi esposizioni europee, si portavano un po’ di indigeni di vari angoli del mondo, li si travestiva da selvaggi, li si propagandava come cannibali, e la gente pagava il biglietto per vederli e rabbridividire
«Ogni tanto, nelle grandi esposizioni europee, si portavano un po’ di indigeni di vari angoli del mondo, li si travestiva da selvaggi, li si propagandava come cannibali, e la gente pagava il biglietto per vederli e rabbridividire. A Parigi, dove la cosa si era ripetuta coi fuegini, gli africani, i pellerossa eccetera, ancora nel 1931 fu la volta dei kanaki della Nuova Caledonia. Ne ha riferito sull’Unità Gianni Marsili, recensendo un libro di Didier Daeninckx (’Cannibale”, ed. Verdier). Un centinaio di kanaki; al loro paese impiegati del dazio o portalettere, reclutati con la promessa di visitare l’Europa e di esserne retribuiti, furono messi a fabbricare piroghe e a ballare danze tribali a seno nudo, in balia dei loro impresari e del pubblico. Da Parigi furono ”noleggiati” allo zoo di Amburgo (anche questi scambi erano tradizionali) in cambio di alcuni coccodrilli, e anche lì dovettero fare i cannibali. Nella guerra mondiale i kanaki erano stati arruolati ed erano morti in massa sotto le bandiere francesi. Riferisco questa storia perché uno di quei kanaki da esposizione offesi e decisi a conquistare la propria indipendenza da una ”madrepatria” che li trattava così era il nonno di Christian Karembeu, che ora gioca nel Real Madrid, e che ha giocato anche da noi nella Sampdoria, ed è stato campione del mondo nella squadra francese, in cui, a differenza che nell’Italia, tutti cantavano la Marsigliese con la mano sul cuore, tranne Karembeu, che sta zitto. Se vi siete chiesti perché, ora lo sapete. Per suo nonno».