Alvar Gonz·lez-Palacios, "Le tre et", Longanesi 1999, 19 agosto 1999
«La biblioteca era composta da tre stanze che avevano ingresso indipendente e davano sul giardino. Dalla seconda, più grande scandita da librerie trasversali che creavano dei loculi con tavoli, partivano pochi scalini che portavano all’ambiente destinato al maestro (Longhi), il quale sedeva dietro un lungo e stretto tavolo fratino stipato di libri
«La biblioteca era composta da tre stanze che avevano ingresso indipendente e davano sul giardino. Dalla seconda, più grande scandita da librerie trasversali che creavano dei loculi con tavoli, partivano pochi scalini che portavano all’ambiente destinato al maestro (Longhi), il quale sedeva dietro un lungo e stretto tavolo fratino stipato di libri. Su un angolo metteva in piedi tutte le lettere che riceveva, sistema intelligente che ho cercato inutilmente di imitare, col risultato che la mia corrispondenza è sparpagliata ovunque mentre Longhi in pochi minuti trovava quel che voleva. Dinanzi a sè aveva un piccolo recipiente a metà pieno d’acqua che fungeva da portacenere e nel quale crepitavano i resti delle infinite sigarette ovali (Turmac, credo) che fumava. La tavola era semplice ma di ottima qualità, assicurata da Irma, bravissima cuoca, mentre il servizio era curato dal marito di questa, Ottavio: due personaggi che ricordo con affetto non solo per la paziente devozione dimostrata sempre al professore, ma anche per lo spirito critico e indipendente che, non escludendo l’affetto, analizzava le cose per quello che erano. Longhi amava cibi facili da masticare poiché i denti gli avevano sempre dato problemi, e favoriva un vino bianco frizzante di cui si forniva in Emilia» Alvar González-Palacios).