Alvar Gonz·lez-Palacios, "Le tre et", Longanesi 1999, 19 agosto 1999
«Fui accolto da Giangiacomo Feltrinelli in persona, un ragazzone alto e baffuto, occhialuto, con le dita macchiate dalla nicotina delle continue sigarette inglesi senza filtro che divorava, e l’aria che a me apparve sempre strafottente: ”E’ sicuro di meritare le duecentomila lire al mese che guadagnerà?” Mi avvia così a vari anni di squallore [
«Fui accolto da Giangiacomo Feltrinelli in persona, un ragazzone alto e baffuto, occhialuto, con le dita macchiate dalla nicotina delle continue sigarette inglesi senza filtro che divorava, e l’aria che a me apparve sempre strafottente: ”E’ sicuro di meritare le duecentomila lire al mese che guadagnerà?” Mi avvia così a vari anni di squallore [...] Avevamo cominciato a pubblicare in italiano la fortunata collezione di Gallimard ”L’Univers des formes”, diretta da Georges Salles, che avevo già incontrato, e da André Malraux. Per questo dovevo recarmi a Parigi un paio di volte all’anno, quasi sempre con Feltrinelli in persona. Niente di più umiliante. Si cominciava dal viaggio in treno, io in seconda classe, il mio capo comunista in prima. All’hôtel d’Angleterre, in rue Jacob, Feltrinelli fissava per sè un appartamento e per me una stanzetta sotto i tetti, bollente d’estate, gelida d’inverno. Ma questo non era il peggio. Le riunioni erano collegiali: Aguilar veniva da Madrid con Xavier de Salas, direttore del Prado e suo consigliere artistico; Beck col direttore della Pinacoteca di Monaco di Baviera; Feltrinelli con me. Io avevo almeno la discrezione di mantenere un dignitoso silenzio, mentre il mio datore di lavoro, tracotante e ingenuo, poneva problemi culturali solo a lui noti, creando un imbarazzo generale che dopo, sottobanco, dovevo sanare io con pazienza: non sempre l’oro riesce a mascherare l’ignoranza». (Alvar González-Palacios).