21 settembre 1999
Per le giovinette. «Dai 13 ai 15 anni, la giovane può portare colori vivaci, qualche gioiellino senza valore
Per le giovinette. «Dai 13 ai 15 anni, la giovane può portare colori vivaci, qualche gioiellino senza valore. In casa indossa grembiulini di seta, scozzesi. Nei giorni dei ricevimenti apparisce e sparisce nel salone. Ella va raramente a teatro, a qualche concerto, in nessun ballo ufficiale. Non balla se non quando si fanno quattro salti in famiglia». A 16 anni. «Non va ancora per il mondo. Di sera deve preferire il bianco vestito rotondo senza strascico. In genere non dà mai la mano ai giovanotti salvo a quelli della stretta parentela; non balla mai nelle soirée intime. Bacia la mano a nonni, zie e cugine di maggiore età. Dà del lei agli uomini, vecchi e giovani, , tranne che ai fratelli e ai nipoti». A 18 anni. «Deve badare al contegno in pubblico: contegno gentile ma non familiare, conversazione vivace ma non eccessiva. Allegria moderata. Non chiama per nome gli uomini, tranne che i fratelli. Si rammenti la signorina di 18 anni che nel mondo si riesce più con la naturalezza corretta dall’educazione che con qualunque altro artificio. Riuscire nel mondo per una signora che cosa significa? Maritarsi, maritarsi, in nome di Dio». Zitella. «Deve elevarsi sopra il rammarico di non aver trovato marito ed avere molto spirito e molto cuore per poter godere del vantaggio del suo stato. La vecchia zitella ha i suoi benefici. Può andare, venire, discorrere, scrivere, partire, ritornare. Può vestirsi come le pare, ricevere visite quando vuole e godere di una libertà d’azione che non hanno le signorine. Gli uomini sono disposti, nella loro vanità, a trovarla ridicola. Ma lei faccia in modo d’avere serietà, spirito e disinvoltura da far loro rimangiare la voglia di burlarsi di lei. Si crei delle buone affezioni, delle care amicizie e delle devozioni sicure. Sia benevola, indulgente, gaia, buona consigliera, fedele amica e la sua vita sarà dolce. Maritarsi è un bene. Ma è anche un male. Non maritarsi è un male. Ma è anche un bene» (dal libro di Matilde Serao Saper Vivere) (Enzo Magrì, ”il Giornale” 4/9/99).