Giorgio Agnisola su Avvenire del 21/11/2000 a pagina 25, 21 novembre 2000
I gigli dei campi così spesso citati nei Vangeli erano in realtà anemoni coronarie, fiori che crescono in abbondanza in campagna e hanno bellissimi fiori rossi e talvolta bianchi
I gigli dei campi così spesso citati nei Vangeli erano in realtà anemoni coronarie, fiori che crescono in abbondanza in campagna e hanno bellissimi fiori rossi e talvolta bianchi. Il "giglio delle valli" potrebbe essere invece il ranuncolo asiatico o anche il tulipano locale o il giacinto. A sostenerlo è Amos Dafni, docente presso l’Università di Haifa, in Israele, uno dei massimi studiosi al mondo di "botanica biblica". Secondo il professore, "molti vegetali, nelle traduzioni, hanno subito deformazioni e generato equivoci, poi consolidatisi nel tempo e magari nella tradizione religiosa. La quercia, ad esempio, albero sacro fin dall’antichità, la pianta più citata nella Bibbia, nella versione inglese è stata erroneamente identificata con l’olmo o con il pioppo, che in Israele non esistono. Si pensi anche all’origano o alla maggiorana siriaca, piante utilizzate dai pastori come disinfettante per l’organismo, le quali nell’Antico Testamento vengono più volte chiamate "issòpo", che per noi è un’altra pianta". Un altro equivoco riguarda la mirra: quella citata nell’Antico Testamento non è la mirra dei Magi, la "commiphera myrra", un alberello proveniente dal corno d’Africa o dallo Yemen, da cui si ricavava un prezioso solvente per profumi. La mirra dell’Antico Testamento era invece una specie di cisto o il laudano, piante utilizzate per uso domestico. Anche l’artemisia, presente nelle Scritture come simbolo di amarezza, era comunissima a Gerusalemme, mentre oggi si trova nel deserto, dove gli ebrei si rifugiarono dopo la distruzione della città. Per quel che riguarda la manna, poi, le piante candidate sono addirittura tre: il comune coriandolo, che però è un legume molto piccolo e difficile da cogliere in abbondanza, la tamerice o un particolare tipo di coriandolo rosso, ancora oggi comune, dal sapore zuccherino e dalle forti proprietà lassative. L’identificazione corretta delle piante citate nei testi sacri porta anche a una comprensione più profonda dei testi stessi. Ad esempio, è noto che a Cristo sulla croce venne accostata alle labbra una spugna intrisa di aceto e mandragola. Comunemente si pensa a un atto di spregio: è probabile invece che all’origine del gesto ci fosse un sentimento di pietà, dal momento che l’infuso di mandragola in alcol ha un effetto sedativo.