Michele Smargiassi su la Repubblica del 29/11/2000 a pagina 33., 29 novembre 2000
Secondo il professor Mario Fregoni dell’Università Cattolica di Piacenza, lo spumante sarebbe un’invenzione degli antichi romani
Secondo il professor Mario Fregoni dell’Università Cattolica di Piacenza, lo spumante sarebbe un’invenzione degli antichi romani. Fregoni è arrivato a questa conclusione dopo anni di ricerche e analisi di documenti letterari e archeologici: «I romani si devono considerare i veri inventori della rifermentazione programmata, poi perfezionata nei secoli». Che nell’antichità si bevessero vini con le bollicine, comunque, era già noto. Il libro dei Salmi pone una coppa di vino spumeggiante nelle mani di Dio, e le storie di Omero sono piene di vini schiumosi. Le citazioni si fanno abbondanti in epoca romana: nell’Eneide Virgilio parla addirittura di «spumantem plateram», coppa di spumante, mentre Properzio esalta l’inebriante ribollire del Falerno. Per secoli, però, si è pensato che quell’effervescenza fosse il risultato di un difetto di vinificazione. Fregoni smentisce e cita come testimone Lucano, che in un brano del suo poema epico ”Farsalia” afferma: «Indomitum Meroe cogens spumare Falernum» (ossia: «l’indomito Falerno diventava spumante mescolandosi con la Meroe», un vitigno originario dell’Etiopia). I romani, quindi, conoscevano una delle tecniche per ottenere il vino frizzante, cioè l’aggiunta di mosto di uve appassite. Non solo: avevano anche sperimentato la rifermentazione in anfore, e avevano scoperto un metodo per ritardare la fermentazione spontanea del mosto tramite raffreddamento: «A Pompei esiste una cantina con un cunicolo attraversato da tubi di acqua fredda nel quale venivano posti i ’dolium’ col mosto da spumantizzare: la stessa tecnica che si usa oggi per il Moscato dell’Oltrepo Pavese e dell’Asti spumante».