Lorenzo Arruga, Silvia Bombelli e Chiara Risolo su Panorama del 16/11/2000 a pagina 316., 16 novembre 2000
Giuseppe Verdi adorava ”Il Cova”, una pasticceria meneghina che esiste dal 1817. Qui acquistava il panettone per la sua seconda moglie, la ”Peppina” (’Credo che andasse lui stesso a metterlo nel forno”, scrive Dario Niccodemi)
Giuseppe Verdi adorava ”Il Cova”, una pasticceria meneghina che esiste dal 1817. Qui acquistava il panettone per la sua seconda moglie, la ”Peppina” (’Credo che andasse lui stesso a metterlo nel forno”, scrive Dario Niccodemi). D’estate, il maestro proponeva ai suoi ospiti un semifreddo fatto con burro, amaretti e savoiardi: era uno dei pochi italiani dell’epoca a possedere una ghiacciaia. Verdi pasteggiava a champagne e invitava sempre gente a casa. Tra i suoi piatti preferiti c’erano i tortelli ripieni di erbetta con il lambrusco. Viaggiando per le cure termali, tra Montecatini e Monsummano, aveva imparato ad apprezzare anche le specialità toscane, che ordinava con puntiglio: Chianti sì, ma solo di un certo tipo; olio d’oliva leggero per le fritture e più corposo per il consumo a crudo. Era anche un ottimo cuoco. In una lettera alla famiglia Ricordi illustra una ricetta per la spalla cotta, da mangiare con la torta fritta, completa di tutti i trucchi per non farla diventare stopposa: ”Metterla nell’acqua tiepida per circa 12 ore onde levargli il sale, trasferirla in acqua fredda e poi farla bollire a fuoco lento, onde non scoppi, per circa 3 ore e mezza. Per sapere se la cottura è al punto giusto, si fora la spalletta con un curedents”.