Giliola Barbero e Giuseppe Nicotri,l’Espresso del 21/12/00, 21 dicembre 2000
Non esiste nessuna copia autografa della Divina Commedia, solo versioni successive scritte da amanuensi
Non esiste nessuna copia autografa della Divina Commedia, solo versioni successive scritte da amanuensi. Federico Sanguineti ha passato nove anni a confrontare i testi dei 580 manoscritti che contengono almeno una cantica intera della "Commedia", scoprendo diversi errori di copiatura. Ad esempio Dante nel Paradiso non ha salutato il suo antenato Cacciaguida esclamando: «O cara piota mia», dove "piota" sta per pianta, se pur genealogicamente intesa. Il vero saluto era invece: «O cara pièta mia», dove la "pièta" è la "pietas" dei romani, ovvero un misto di affetto e devozione. Nel canto di Montecassino (sempre in Paradiso), Dante, incontrando Macario e Romualdo, non ha esclamato: «... e chi a altro pensa/ chiamar si puote veramente impròbo», ma l’esatto contrario:«... e chi ad altro pensa/ chiamar si puote veramente pròbo». Non è neppure vero che all’Inferno il cane Cerbero avesse « la barba unta e atra», perché non della barba si trattava, ma della bocca. «La versione che studiamo a scuola è basata su soli 27 manoscritti, quelli ritenuti più antichi da Giorgio Petrocchi, quando nel 1966-67 ha realizzato l’edizione ritenuta tuttora la più attendibile» (Sanguineti). Secondo Sanguineti, sette sono i manoscritti più aderenti al testo originale di Dante. Il più importante sembra l’Urbinate Latino 366, datato 1352, copia di una copia dell’originale, conservato presso la biblioteca Vaticana.