Mariarosa Mancuso, Corriere della Sera 19/12/2000 a pagina 35, 19 dicembre 2000
Lo scrittore Ferdinando Camon, premio Strega nel 1978 con "Un altare per la madre", scrive con una biro grossa su carta leggera, tra le otto e mezza e le dodici e mezza, con qualche giorno di pausa tra un capitolo e l’altro
Lo scrittore Ferdinando Camon, premio Strega nel 1978 con "Un altare per la madre", scrive con una biro grossa su carta leggera, tra le otto e mezza e le dodici e mezza, con qualche giorno di pausa tra un capitolo e l’altro. Non scrive mai d’estate, perché pensa che col freddo il suo lessico divenga più ricco. Un’abitudine: finire la giornata con una frase che termini con una virgola o coi due punti. Le correzioni le fa così: incolla al margine della prima versione delle striscioline di carta con la nuova, per poterle confrontare. Una difficoltà ricorrente: non riesce a scrivere la lettera "m"; ogni volta scrive una "n" e poi le aggiunge la terza gambetta. La prima frase di ogni romanzo la pensa mesi prima di cominciare a scriverlo. Capisce che il libro è finito quando sente «le braccia di stoppa e la spina dorsale fredda. Quando ritorno a scrivere, magari dopo un anno, mi dico "spina dorsale, scaldami"». Ha anche un rituale: «Da figlio di contadini non riesco a convincermi che una cosa importante come un libro si possa fare senza fatica fisica, così metto le cavigliere con i pesi e cammino la notte per la città».