Mario Fabbroni sull’Espresso del 21/12/2000 a pagina 159., 21 dicembre 2000
Nove comunità delle zone interne del Salernitano, tra il Vallo di Diano e il Parco del Cilento, a partire dal prossimo gennaio si trasformeranno in un laboratorio vivente di diecimila esemplari: tutti gli abitanti verranno infatti "fotografati" clinicamente e storicamente, per ricostruire con la maggior precisione possibile il loro patrimonio genetico, che (trattandosi di comunità isolate) è rimasto immutato per secoli
Nove comunità delle zone interne del Salernitano, tra il Vallo di Diano e il Parco del Cilento, a partire dal prossimo gennaio si trasformeranno in un laboratorio vivente di diecimila esemplari: tutti gli abitanti verranno infatti "fotografati" clinicamente e storicamente, per ricostruire con la maggior precisione possibile il loro patrimonio genetico, che (trattandosi di comunità isolate) è rimasto immutato per secoli. L’obiettivo del Progetto Genoma Cilentano è quello di scoprire i geni responsabili di malattie multifattoriali, analizzando il patrimonio genetico di quelle popolazioni la cui esistenza si è sviluppata storicamente in maniera isolata. «Noi speriamo di alzare il velo sulle malattie cardiovascolari, l’asma, le allergie, acquisendo le informazioni necessarie grazie a uno screening biochimico condotto su soggetti dal patrimonio genetico omogeneo e inalterato», spiega Jhon Guardiola, direttore dell’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica del Cnr di Napoli. Il primo approccio sarà di tipo socio-genealogico: «Dobbiamo scoprire qual’è la comunità che ha vissuto più segregata rispetto alle altre», dice Graziella Persico, responsabile del Progetto. I ricercatori andranno casa per casa con un questionario per ricostruire l’albero genealogico e quello medico-alimentare di ogni ceppo familiare, mentre parrocchie e archivi saranno setacciati a caccia di volumi vecchi anche di secoli in grado di fornire notizie su nascite, matrimoni, morti di ogni abitante. Una volta individuati i capostipiti, bisogna scoprire quanto siano geneticamente isolati o quanto il genoma delle popolazioni originarie si sia mischiato nei secoli. Bisogna cioè risalire al gruppo dei fondatori, che potrebbe essersi trasferito dalla costa cilentana verso l’interno (rivelandosi quindi di origine greca), oppure potrebbe essere autoctono (di natura sannita) e mai mischiatosi con altri ceppi. Ci sarà poi lo screening di massa, test biochimici sul sangue di ogni abitante: «Potremo così capire quali malattie di gruppo saranno meritorie di attenzione genetica, scoprire i geni all’origine delle malattie più diffuse e confrontare i risultati cilentani con quelli che stanno raccogliendo altre comunità scientifiche», afferma Guardiola.