L’Espresso del 4 Gennaio pagine 112,113,114, 29 dicembre 2000
Il Colosseo fu aperto al pubblico nell’80 d.C. Per l’inagurazione, l’imperatore Tito organizzò cento giorni di festeggiamenti, con combattimenti all’ultimo sangue in cui persero la vita centinaia di gladiatori e cinquemila bestie feroci
Il Colosseo fu aperto al pubblico nell’80 d.C. Per l’inagurazione, l’imperatore Tito organizzò cento giorni di festeggiamenti, con combattimenti all’ultimo sangue in cui persero la vita centinaia di gladiatori e cinquemila bestie feroci. L’"Amphiteatrum Nostrum" (questo il primo nome del Colosseo) era interamente rivestito in marmo, aveva statue in ogni arcata, fontane zampillanti, decori in mosaico, stucchi colorati e bronzo dorato. Fu costruito grazie ai proventi del bottino della guerra giudaica e della conquista di Gerusalemme: ori, argenti e il prezioso tesoro del Tempio, che sfilarono a Roma nel Trionfo di Vespasiano e Tito del 71 d.C. L’anfiteatro fu denominato Colosseo ("Colyseus") nel Medioevo, a causa della vicinanza con il colosso in bronzo dorato che ritraeva Nerone con la corona a raggi di Helios, posto nell’atrio della Domus Aurea. In un giorno di dicembre della fine del I secolo d.C., Domiziano organizzò una festa al Colosseo che durò dall’alba a notte fonda: al pubblico furono regalati dolciumi e frutta secca al mattino, buoni per la lotteria al tramonto (si potevano vincere animali, gioielli, terreni e navi ), fagiani, fenicotteri e gru arrostite al calar della sera. Le cose cambiarono con gli imperatori cristiani: sotto Valentiniano, nel 438 d.C., fu proibita la "damnatio ad bestias" (in cui i criminali erano condannati ad essere sbranati pubblicamente dagli animali). Solo le cacce resistettero, a fasi alterne, ancora per un secolo.