Carlo Baroni su Avvenire del 3/1/2001 a pagina 12., 3 gennaio 2001
Le partite a scopone del presidente Pertini sono passate alla storia. Si racconta che perfino gli uomini della sua scorta venissero scelti in base alla loro competenza di giocatori
Le partite a scopone del presidente Pertini sono passate alla storia. Si racconta che perfino gli uomini della sua scorta venissero scelti in base alla loro competenza di giocatori. Però non dovevano essere tanto bravi da battere il presidente: quando perdeva, infatti, Pertini andava su tutte le furie e se la prendeva col partner di gioco. Una volta, il giovane Massimo D’Alema si trovò, insieme a Enrico Berlinguer, Giulio Andreotti e Sandro Pertini, sull’aereo diretto a Mosca per l’insediamento di Gorbaciov. Subito dopo il decollo spuntò fuori un mazzo di carte e si formarono le coppie: di qua Pertini e Berlinguer, di là Andreotti e D’Alema. In una fase cruciale, il presidente commise un errore. D’Alema non resistette al commento: "Presidente, non era quella la carta da giocare". Pertini incassò in silenzio, ma lo fulminò con un’occhiata. L’aria si fece tesa. Andreotti, allora, sbagliò di proposito, capovolgendo le sorti della partita in favore del presidente. Il quale, rivolto a D’Alema, esclamò: «Devi ancora crescere, ragazzo». All’attonito "ragazzo" arrivò, in un sussurro, la spiegazione di Giulio Andreotti: «Caro D’Alema, non si fa perdere un presidente della Repubblica che si chiama Pertini e per di più dopo averlo sfottuto» (notizie tratte dal libro "Dello scopone" di Oscar Mammì).