Eva Cantarella, Panorama n. 50, 1996., 15 gennaio 2001
La prima cosa da dire, parlando della pederastia in un momento come questo, è che non ha nulla a che vedere con la pedofilia
La prima cosa da dire, parlando della pederastia in un momento come questo, è che non ha nulla a che vedere con la pedofilia. Accomunare questi due fenomeni, come talvolta si fa (in buona o in cattiva fede), significa prospettare un’immagine completamente distorta del cosiddetto amore greco. Quel che accadeva ad Atene era l’antitesi della pedofilia. Per cominciare, la pederastia era amore. Amore vero, che legava sentimentalmente, intellettualmente e sessualmente un adulto e un giovane, al termine di un corteggiamento nel corso del quale l’adulto (’erastes”, l’amante) era pazientemente riuscito a convincere il giovane (’eromenos”, amato) dell’onestà delle sue intenzioni. Un vero e proprio corteggiamento, insomma, regolato da un rigoroso galateo: regali, ma di poco valore, un coniglietto, altri piccoli animali; vasi con inciso il nome del ragazzo seguito dall’aggettivo ”kalos”, bello; e poesie, per chi sapeva scriverle. «Aster, tu che guardi le stelle! Oh, s’io fossi il cielo. Potrei guardarti con migliaia di occhi» scrive Platone a un giovane che lo ha affascinato. I regali importanti si facevano ai prostituti, non ai ragazzi per bene.