Guido Tiberga sulla Stampa del 13/1/2001 a pagina 23 e il Corriere della Sera del 13/1/2001 a pagina 8., 13 gennaio 2001
Gianluigi Bonelli era un autodidatta, ma colto e pignolo come un ragioniere: «Una volta - raccontava Aurelio Galeppini, il primo disegnatore di "Tex Willer" - lo trovai attaccato a un atlante: stava calcolando se Tex ci avrebbe messo tre o quattro giorni per spostarsi da un punto all’altro degli States»
Gianluigi Bonelli era un autodidatta, ma colto e pignolo come un ragioniere: «Una volta - raccontava Aurelio Galeppini, il primo disegnatore di "Tex Willer" - lo trovai attaccato a un atlante: stava calcolando se Tex ci avrebbe messo tre o quattro giorni per spostarsi da un punto all’altro degli States». Bonelli era arrivato a "Tex" quasi per caso, dopo aver scritto storielle per il "Corriere dei Piccoli" e romanzi d’avventura come "Le tigri dell’Atlantico" o "I fratelli del silenzio" (si definiva «un romanziere prestato al fumetto e mai più restituito»). Aveva anche diretto giornali per ragazzi (il "Vittorioso") ed era stato editore di sé stesso all’"Audace" (dopo aver rilevato le edizioni da Lotario Vecchi), inventando personaggi oggi ricordati soltanto dai più accaniti tra i collezionisti: Ipnos, Yuma Kid, Za la Mort, Kociss, Tudok, i tre Bill. Tex nacque quasi «come seconda scelta, subordinato nelle speranze di Bonelli alla fortuna mai arrivata di un certo "Occhio Cupo", un western che gli sembrava più "moderno"». Era il 1948. L’ex fuorilegge diventato ranger ha superato indenne mezzo secolo di attività, sopravvivendo «alle mode e ai benpensanti, che negli Anni Cinquanta protestavano per l’uso troppo disinvolto della colt e nei Novanta hanno urlato allo scandalo per le sigarette che il ranger continua a fumare nei bivacchi, incurante del politically correct».