Ugo Volli su Avvenire del 16/1/2001 a pagina 24., 16 gennaio 2001
La lingua inglese distingue tra "game" (il gioco regolato e concluso, come in una partita di calcio o in una mano di poker) e "play" (il gioco più aperto e libero, come quello dei bambini)
La lingua inglese distingue tra "game" (il gioco regolato e concluso, come in una partita di calcio o in una mano di poker) e "play" (il gioco più aperto e libero, come quello dei bambini). Il saggista Roger Caillois ha riformulato quest’opposizione come contrasto tra la "paideia" (la parola greca che deriva da "paidòs", "ragazzo", e significa insieme "educazione" e "gioco") e "ludus", il termine latino per "gioco", forse di origine etrusca. Caillois ha suggerito una suddivisione in quattro categorie. Secondo lui ci sarebbero anzitutto i giochi basati sul caso (per i quali usa il vocabolo latino "alea", che significa gioco di dadi e di cui non si conosce l’etimologia). Poi i giochi competitivi (o "agon", parola greca che sta per "lotta" e viene da una radice indoeuropea che significa "condurre"). Poi i giochi di vertigine, come il girotondo (in greco "ilinx", "vertigine", dal verbo "eilo", "stringere", "torchiare", in latino "volvo"). E per finire la "mimicry", parola inglese che vuol dire "imitare", "recitare", legata al nostro "mimo" (che deriva dal greco "mimos" e più in là da una radice indoeuropea "mi" che indica misura: recitare, infatti, significa misurare i gesti del personaggio che si imita).