Dimitri Buffa, Prima Comunicazione, dicembre 1996, 17 gennaio 2001
Il 27 del mese tutti puntuali alle 10 del mattino al primo piano del palazzo dell’Ordine dei giornalisti
Il 27 del mese tutti puntuali alle 10 del mattino al primo piano del palazzo dell’Ordine dei giornalisti. Quasi in mille solo a Roma, disoccupati. Si rischia persino di restare intrappolati dentro il pericolosissimo ascensore di piazza della Torretta, 36. Tutti lì in massa per ritirare l’indennità di disoccupazione con cui l’Inpgi ci fa campare. E per firmare la nuova dichiarazione mensile di sfiga che ci permetterà fra trenta giorni di ritornare a battere cassa. Le scene e i dialoghi che si svolgono mentre è in corso la triste processione davanti alla mitica signora Rossana Caporilli ricordano, mica tanto vagamente, quelle che si potrebbero raccontare in coda davanti alla Caritas mentre si attende la distribuzione della minestra. Siamo diventati poveri anche noi, in fondo, seppure ”di lusso”. Poveri perché da anni si va avanti con un piccolo trend fatto di collaborazioni malpagate (quando retribuite) con il quale arrotondare i due milioni e rotti di indennità Inpgi. Poveri perché il ”futuro” è un contratto a termine che interrompe per almeno sei mesi i termini della disoccupazione. Per poi eventualmente farla decorrere ex novo per altri 24 mesi. Poveri perché si vive in un’eterna atmosfera di conto alla rovescia: ”Oddio, quanti mesi di copertura ho ancora con la Casagit?”. Poveri, soprattutto, perché guardati con quella tenerezza che è insieme indifferenza e senso di colpa da parte di quei colleghi, meno poveri, che ”di riffa o di raffa” dentro una redazione seria (cioé stabile) ci sono entrati e adesso si adattano a vivere come impiegati