Giampaolo Pansa, L’Espresso n. 4, 1997, 18 gennaio 2001
Anch’io mi sento la testa vuota, per quella giovane sposa uccisa. E perché l’orrenda storia di Tortona cambia tutti i miei ricordi della città
Anch’io mi sento la testa vuota, per quella giovane sposa uccisa. E perché l’orrenda storia di Tortona cambia tutti i miei ricordi della città. All’inizio, e parlo di me ragazzo sul finire degli anni Quaranta, non sapevo quasi niente del luogo di cui oggi crediamo di sapere tutto. Vivevo a Casale Monferrato, nella stessa provincia, quella di Alessandria, ma per me Tortona stava sulla luna. Ci separavano due fiumi, il Po e il Tanaro, e la ritenevo una città fantasma, più lombarda che piemontese, una stazione ferroviaria, una sosta per gli autocarri che dal mare risalivano verso Milano. Conoscevo soltanto i tifosi della sua squadra di calcio, il Derthona, che noi casalesi gettavamo nel canale Cavour. E i baci di dama, biscotti di lusso per quell’epoca di cinghia tirata.