Giampaolo Pansa, L’Espresso n. 4, 1997, 18 gennaio 2001
Il terzo stupore della piccola città è che le teste vuote non sono dei ragazzi, a parte uno. Sei dei fermati stanno tra i ventitré e i trent’anni, l’età dei comandanti e dei commissari partigiani più anziani di cui mi aveva raccontato Silla-Curone
Il terzo stupore della piccola città è che le teste vuote non sono dei ragazzi, a parte uno. Sei dei fermati stanno tra i ventitré e i trent’anni, l’età dei comandanti e dei commissari partigiani più anziani di cui mi aveva raccontato Silla-Curone. E poi non sono degli emarginati: hanno dei lavori, sia pure saltuari, l’auto, il telefonino, gli abiti che si vedono negli spot televisivi. Hanno anche delle famiglie che li difendono. E delle madri che gridano e piangono per loro davanti alle telecamere. E dei fine settimana, venerdì sera, sabato sera, da riempire in qualche modo. Magari andando sul cavalcavia della Cavallosa a bombardare le auto sfreccianti sull’autostrada. Per divertirsi, per sentirsi forti e potenti, per scommettere sulla loro bravura e gridare «Bingo!» ad ogni auto colpita.