Enrico Mannucci Sette 18/1/2001 alle pagine 75-79, 18 gennaio 2001
Una volta, Guido Davico Bonino prese per le falde della giacca Giulio Einaudi e stava per colpirlo, ma Bollati li separò
Una volta, Guido Davico Bonino prese per le falde della giacca Giulio Einaudi e stava per colpirlo, ma Bollati li separò. «C’era di mezzo Pasolini. Voleva andarsene dalla Garzanti ed Einaudi mandò me a cercare di agganciarlo. Viveva con la madre in una specie di castelletto vicino Orte. Il suo incubo era un capannone a mezzo chilometro da lì: temeva volessero costruirci una fabbrica e per questo voleva comprare tutto il terreno intorno. Perciò aveva bisogno di soldi. Tra partite di calcio e discussioni sull’omosessualità (guai a dirgli che cominciava ad essere accettata: era una cosa che lo mandava in bestia), facemmo la trattativa: una cosa pesante per Einaudi, che aveva autori un po’ sottopagati. Alla fine lui firmò. Il lunedì dopo, alle otto e mezzo, il contratto era sulla scrivania di Einaudi. Giulio lo prende, lo guarda un po’ e mi dice, come fosse una questione da nulla: " Non so mica se Pasolini è un autore Einaudi...". Non ci vidi più». Dopo l’episodio Einaudi si chiuse per tre giorni nel suo uffciio senza parlare con nessuno; entrava solo l’inserviente per portare il tè. «Il quarto giorno uscì e disse solamente: "Ho mandato avanti la cosa"».