Panorama, n. 4, 1997, 18 gennaio 2001
Sulla questione dell’establishment e di chi vi sia dentro e chi fuori, inchiesta di ”Panorama” con risposte di ogni tipo
Sulla questione dell’establishment e di chi vi sia dentro e chi fuori, inchiesta di ”Panorama” con risposte di ogni tipo. Per esempio Franco Debenedetti, fratello di Carlo De Benedetti e parlamentare dell’Ulivo: «Si entra nell’establishment per via di fatturato, non di voti. Vi conduce Wall Street, non Main Street. Establishment è ciò che è stabilito, dunque è l’opposto di ciò che è nominato. Paolo Cantarella ha per delega un potere che non è maggiore di quello di Cofferati, ma che rimanda alla cosa in sé, al mondo dei soldi. D’Alema ha più potere del presidente onorario della Mediobanca, Enrico Cuccia, ma Cuccia è parte dell’establishment e D’Alema no. Come è nominato può essere rimosso». Mario D’Urso, finanziere, senatore di Dini e intimo di casa Agnelli: «Io sono parte dell’establishment, ma non quando faccio il senatore. Lo sono nel mio attaccamento a una certa Napoli scomparsa, nel vestirmi sempre, di sera, in completo blu. Non lo sono, ahimè, in questo momento: parlare alla stampa è un comportamento non da establishment. Insomma, la parola allude a un’organizzazione, mai a una persona. La Curia romana, l’istituzione che più ha conservato se stessa. La Bocconi. La Scala, ma non quando c’è la prima. E poi il circolo della Caccia a Roma. Io non ne faccio parte, ma rappresenta l’aristocrazia legata al papato: i Torlonia, i Colonna, i Del Drago. Conclusione: contano i riti. Fanno più establishment i commessi del Senato che un qualunque eletto dal popolo».