Massimo Gramellini, Micromega, n.1, 1997, 19 gennaio 2001
Gira voce che Veltroni stia scrivendo un romanzo dove si narrano vicende di nuoto e nuotatori. giusto: nessuno meglio di lui conosce l’arte di stare a galla
Gira voce che Veltroni stia scrivendo un romanzo dove si narrano vicende di nuoto e nuotatori. giusto: nessuno meglio di lui conosce l’arte di stare a galla. I dalemiani ne parlano in privato, ma ormai sempre più spesso anche in pubblico, come di una riedizione di Forlani. Gli occhettiani, irritati dalla sua incapacità congenita di schierarsi, alimentano la stucchevole caricatura dell’uomo che «al massimo potrebbe gestire le figurine Panini» (Claudia Mancina). Uto Ughi, in nome della cultura alta, gli dà del «demagogooo!» nelle interviste. I lettori dell’’Espresso” scrivono lettere scandalizzate contro la sua idea, mutuata dalla Gran Bretagna thatcheriana, di finanziare i musei con le entrate del Lotto, usando ciòè i soldi dei poveri per sovvenzionare uno svago dei ricchi. I giovani che hanno costruito le sue fortune elettorali lavorando gratuitamente nella campagna del 21 aprile 1996 sfogano la loro delusione in racconti al curaro, come quello di Luca Telese intitolato Telemarketing, dove la protagonista femminile Giulia abbandona i veltroniani dopo aver ascoltato un discorso del leader, vuoto come uno scatolone vuoto: «Primo: se questa è la grande battaglia della democrazia, non mi interessa vincerla. Secondo: non capisco quale grande battaglia di democrazia ci possa essere se coloro che la combattono si rincoglioniscono nel combatterla. Terzo: se bisogna diventare dei cretini per vincere, perché bisogna vincere?».