Massimo Gramellini, Micromega, n.1, 1997, 19 gennaio 2001
Parole tremende, ma mai quanto quelle che Pietro Citati ha pubblicato il 19 dicembre 1996 su Repubblica: «Alcuni mesi fa un uomo politico italiano, presentando una mostra di codici medievali, così belli che avrebbero dovuto costringerlo per sempre al silenzio, disse: ”Il nuovo Rinascimento che oggi in Italia stiamo vivendo
Parole tremende, ma mai quanto quelle che Pietro Citati ha pubblicato il 19 dicembre 1996 su Repubblica: «Alcuni mesi fa un uomo politico italiano, presentando una mostra di codici medievali, così belli che avrebbero dovuto costringerlo per sempre al silenzio, disse: ”Il nuovo Rinascimento che oggi in Italia stiamo vivendo...”. E il nuovo Rinascimento italiano esisteva soltanto perché lui era ministro dei Beni culturali. Credo che nessun paese riesca a produrre vanità in dosi così massicce e industriali: Piramidi di Cheope dell ’ego, Colossi di Rodi della megalomania...». Queste critiche, lungi dall’indebolirlo, rivelano la ricetta vincente del Principino, le ragioni del suo successo presente e futuro in un’Italia che gli assomiglia ogni giorno di più. D’Alema può suscitare stima, Di Pietro entusiasmo. Veltroni né l’una né l’altro. Per questo durerà di più. Veltroni piace. E piace perché non fa paura, perché non dà fastidio, perché è italiano. Vanitoso, superficiale, furbo, mellifluo, duro dentro e morbido fuori, ma anche simpatico, generoso, mediatore, entusiasta e bisognoso d’affetto come i leader che la nuova middle class occidentale di sinistra si è costruita a sua somiglianza, da Tony Blair a Bill Clinton, che in fondo rispetto a Veltroni parlano solo un po’ meglio l’inglese.